“Non basta più fare bene il proprio mestiere”

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La riunione del Advisory Board di EMBT del 30 Novembre 2023.
Federico Visentin (Presidente di CUOA Business School, Presidente di Federmeccanica, Presidente e Amministratore Delegato di Mevis) ragiona sui legami tra impresa e formazione.

“L’alleanza tra formazione e imprese è strategica”.

Federico Visentin, Presidente di Federmeccanica, non ha dubbi e a margine dell’Advisory Board dell’Executive Master in Business & Technology (EMBT) di Politecnico di Torino e CUOA Business School (di cui lo stesso Visentin è Presidente) dice con forza: “Oggi le imprese, di qualsiasi dimensione, devono affrontare sfide a complessità crescenti, che richiedono un cambio culturale volto a rafforzare e far evolvere l’intera organizzazione: lavorare insieme, mettere in comune le conoscenze e quindi sviluppare la capacità di affrontare in modo coeso e sistemico i contesti incerti e mutevoli dettati da una situazione economica complessa e dinamica come quella attuale. Non basta la buona volontà, occorrono visione, strategia, strumenti e competenze adeguate”.

Diventa, inoltre, essenziale porre attenzione anche al tema della crescita dimensionale delle imprese, che devono strutturarsi e orientarsi strategicamente su un percorso di sviluppo in grado di garantire continuità e profittabilità nel tempo.

Presidente, si tratta di un’istantanea preoccupante delle imprese italiane.

“Credo sia un momento di svolta epocale e quindi risulta essenziale stimolare un costante lavoro di consapevolezza. Ci sono numerose realtà aziendali in grado di creare sinergie importanti: il vero punto di svolta è lo sviluppo di competenze solide e la diffusione di nuovi modelli di gestione, che siano in grado di mettere le imprese in condizione di affrontare gli stress determinati dai mercati e dalle generali condizioni dell’economia e di pianificare il loro percorso di crescita. Tra i primi e fondamentali passi c’è il lavoro sulle persone, sulle loro competenze e sulla loro coesione rispetto agli obiettivi da raggiungere”.

È l’incertezza della complessità ciò che le imprese devono imparare a gestire?

“Le imprese devono affrontare incertezze sempre più forti ed è impossibile trovare le soluzioni solo guardando al proprio interno: occorre aprirsi alla collaborazione e al confronto. Questo significa anche trovare i partners giusti. L’impresa non può essere un microcosmo isolato, deve sviluppare una grande apertura e sensibilità verso l’esterno: a mio modo di vedere la volontà di ascoltare e di mettere in comune esperienze e visioni è un vantaggio competitivo. In questo contesto, situazioni protette come quelle della formazione sono preziose: si può condividere, si possono scoprire sinergie e obiettivi condivisi, parlando lo stesso linguaggio e apprendendo in modo continuo e concreto”.

 

Formazione, dunque, che deve però essere anch’essa diversa.

“Certamente e almeno su due fronti. Da una parte, è impensabile riproporre il classico corso frontale: servono momenti di scambio, di condivisione e di discussione tra pari e con l’aiuto di docenti che diano schemi interpretativi della realtà. Dall’altra, è necessario mettere insieme le conoscenze tecnologiche con quelle manageriali: nelle imprese i bravi tecnici devono anche essere bravi manager e viceversa. Si tratta di un cambiamento nel quale devono essere coinvolti anche gli stessi docenti. Un esempio in questa direzione è l’EMBT che Politecnico di Torino e CUOA stanno realizzando”.

Torniamo al tema della dimensione aziendale: una volta si diceva “piccolo è bello”.

“Sì, e si è rivelato un limite. Però attenzione, il tema della dimensione aziendale è una chiave che apre molte porte, un tema a più livelli. Ciò che è importante è la crescita strutturale dell’impresa, che, quasi sempre, a un certo punto si traduce anche in una crescita dimensionale. Occorrono aziende più grandi per operare nella complessità, perché queste sono più capaci di comprendere e affrontare mutamenti economici e di mercato importanti come molti di quelli che viviamo oggi. Ma tutte le imprese devono crescere in termini strutturali e organizzativi; tutte le realtà devono, cioè, avere al loro interno le forze e le competenze per progettare e riprogettare la propria attività. Un’impresa che non comprende questo, in cui regnano ancora le divisioni più che le integrazioni e che non è capace di aprirsi al mondo, è destinata a non fare molta strada.  Torniamo così alla questione della formazione”.

Si spieghi meglio

“Le competenze sono un asset strategico. È necessario che i manager, ma anche gli imprenditori, imparino ad avere più trasversalità nel loro lavoro, ad essere capaci di gestire le persone cercando anche percorsi nuovi. Fino a non molto tempo fa, bastava essere capaci di costruire un piano di produzione sostenibile, reperire le risorse per finanziarlo e poi controllarne il buon andamento tecnico. I mercati in qualche modo rispondevano positivamente e si andava avanti. Era il regno del modello ‘tempi e metodi’. Oggi c’è ancora la necessità di definire un piano industriale tecnicamente e tecnologicamente sostenibile, ma accanto a questo è necessaria la capacità di far crescere e valorizzare le persone, saper rispondere tempestivamente agli imprevisti, conoscere e comprendere cosa c’è fuori dalla fabbrica e i grandi mutamenti in atto. In altri termini, non basta più fare bene il proprio mestiere. Saper unire l’innovazione e la capacità tecnologica con il valore della capacità umana è la strada da percorrere”.