Andare oltre la “funzione”

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Paolo Neirotti in un momento del suo intervento al master EMBT
Paolo Neirotti approfondisce il ruolo  della strategia nella gestione delle imprese

A cosa serve un corso di strategia in un Executive MBA? Con esempio, si potrebbe dire che in un EMBA i moduli di strategia rappresentano la cinghia di trasmissione tra le diverse visioni funzionali presenti in un’azienda: le operations, il marketing, la finanza aziendale, l’ingegneria di prodotto, la logistica.  In altri termini, la strategia permette di acquisire una più ampia e approfondita visione di insieme, contribuendo a consolidare il mindset del manager oltre a fornirgli alcuni strumenti di analisi. All’interno del EMBT di Politecnico di Torino e CUOA, lo spiega bene Paolo Neirotti che precisa: “Interrogarsi sul ruolo della strategia è un po’ come interrogarsi sul ruolo che gli EMBA hanno nella formazione manageriale. La posizione di alcuni critici degli MBA, tra cui va ricordata quella assunta da Henry Mintzeberg, è che gli MBA falliscano nel loro compito di formare manager presenti e futuri perché sono sbilanciati fortemente a vantaggio della teoria rispetto all’applicazione pratica. Questo in un contesto in cui la ricerca manageriale ha vissuto negli ultimi due decessi una crisi rilevante che ha portato a teorie troppo complesse e specifiche, di fatto destinate al fallimento. Si tratta di una posizione che sottende una ben determinata interpretazione della realtà: le capacità manageriali sono sempre più difficilmente codificabili in strumenti di analisi e in algoritmi (soprattutto in una epoca legata al crescente peso che l’AI ha in processi decisionali di un certo tipo). Di fatto management vuol dire prendere decisioni in contesto caratterizzato da crescenti e più ambigue interdipendenze tra variabili”.

Neirotti prosegue spiegando: “In realtà questa posizione non si sofferma con sufficiente attenzione su un fatto cruciale: al manager di una determinata funzione aziendale manca spesso la capacità di acquisire una visione di insieme e di ‘unire i molti puntini’ necessari per vedere l’elefante, ossia la ‘big picture’ in una situazione in cui è necessario prendere una decisione strategica, anche a livello di singola funzione dipartimentale in una azienda”.

Ed è qui che assume rilievo la strategia perché aiuta ad “unire questi puntini”.  E quali possano essere questi punti è facile capirlo. Basta pensare al posizionamento di potere contrattuale rispetto a clienti, fornitori, agli elementi di distintività rispetto a concorrenti nel settore e fuori dal settore, alla struttura competitiva del settore, ma anche a come lo sviluppo di complementarietà lungo la filiera concorra a determinare i rapporti di forza e potere economico, e poi i rischi di sostituzione, imitazione e appropriazione del valore economico prodotto da parte di clienti, fornitori, e concorrenti e, infine, la natura del rischio degli investimenti e degli strumenti finanziari più adeguati per sostenerli.

“In altri termini – sottolinea Neirotti -, anche per un manager o un ingegnere essere più esperto di strategia aiuta ad avere una migliore rappresentazione delle priorità e delle scelte davvero strategiche nel suo lavoro funzionale, sia esso all’interno della programmazione della produzione, sia nelle vendite che nella relazione con i fornitori. Un corso di strategia aiuta a leggere la coerenza di insieme di alcune scelte e a individuare scelte funzionali discordanti rispetto a come l’impresa è posizionata rispetto ai concorrenti, ma anche rispetto a fornitori e clienti”.

Per capire meglio, basta rifarsi ad un recente studio condotto su un campione di più di 2000 studenti di EMBA che ha evidenziato come dopo aver frequentato 25 ore del modulo di strategia gli studenti, posti di fronti agli elevator pitch di imprenditori, sviluppano nelle loro valutazioni di investimento una più ampia e approfondita rappresentazione del contesto strategico, vale a dire considerano un maggior numero dei fattori sopra indicati e con maggiore accuratezza rappresentativa. Neirotti quindi conclude: “Questo permette loro di arrivare a discriminare correttamente cattive decisioni di investimenti in innovazione da quelle potenzialmente migliori, di riuscire a cogliere e, quantificare anche grazie alle conoscenze di finanza aziendale, il livello di rischio e incertezza insito in una scelta (in altre parole si rendono conto di quello che non è possibile prevedere a priori in assenza della incapacità di poter prevedere il futuro), di prendere decisioni in tempi più rapidi e con meno stress e fatica grazie ad un maggior livello di sicurezza riguardo alla valutazione sviluppata”.

Detto tutto questo, è però opportuna una precisazione. “L’efficacia di un corso di strategia – dice infatti Neirotti -, dipende molto da caratteristiche individuali. Ad esempio, la ricerca ricordata prima mette in luce che chi arriva da una laurea e da un lavoro di ingegneria per via di competenze e attitudini analitiche più sviluppate (anziché intuitive), ha solitamente una visione meno ampia (prende in considerazione meno fattori), ma arriva ad esprimere un maggior livello di sicurezza sulla valutazione che ha formulato in un processo di analisi di decisione strategica. Ciò avviene nonostante gli ingegneri si presentino ad un EMBA con punteggi (nei G-MAT) più elevati nelle prove di ragionamento e problem solving quantitativo. Le donne invece rispondono allo stimolo di un corso di strategia sviluppando analisi più ampie e profonde, ma sviluppano le loro valutazione con un minor livello di confidenza”.

Paolo Neirotti quindi aggiunge ancora: “E’ importante infine notare che le capacità di analisi strategica sono cruciali in un mondo che si prepara a delle fasi di ‘distruzione creatrice’ portate da obiettivi definiti dal Green deal europeo di carbon neutrality entro il 2050, oppure alla pervasività crescente dell’AI. Tutti fattori che contribuiranno a rimodellare molte catene del valore e a generare nuovi equilibri competitivi in molti settori dove le catene di fornitura potranno cambiare in modo anche radicale. In questo contesto di cambiamento le imprese e i manager devono comprendere dinamiche e situazioni nuove e complesse. Basta pensare a come evitare l’affermarsi di nuove dipendenze relazionali rispetto a nuovi fornitori, così come alla necessità di prendere scelte legate a come si spostano la creazione di beneficio per il cliente o le prestazioni del prodotto/servizio su cui si gioca la competizione in mercati internazionali dove intervengono da un lato misure protezionistiche e dall’altro lato incentivi all’innovazione, ma anche a come si sostengono investimenti nelle tecnologie della transizione accedendo in modo smart ai mercati finanziari”. In definitiva sapere di strategia diventa sempre più determinante per ogni buon manager a qualsiasi livello.