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30/07/2025
Ricerca e innovazione

Un nuovo dispositivo per rilevare marcatori di patologia e tracciare le risposte dell’organismo

Un dispositivo facile da adoperare per rilevare la presenza di marcatori di patologia e la risposta dell’organismo. È quanto brevettato da un gruppo di ricerca interdisciplinare del Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia-DISAT del Politecnico che, dopo essere stato disegnato e preliminarmente provato per Covid-19, è adesso pronto ad essere addattato per l’applicazione non solo su altre malattie (epidemiche e non) di rilevante interesse sociale, ma anche in altri settori oltre a quello biomedicale.

Il brevetto approvato nel settembre 2023 – “Dispositivo di test rapido per rilevamento di virus SARS-CoV-2 e della produzione anticorpale relativa” – è nazionale, con estensione della protezione in Europa e USA, ed è frutto dell’intenso lavoro dei ricercatori e delle ricercatrici avviato a fronte della pandemia Covid-19. 

“Nei primi mesi del 2020 è sorta naturalmente tra noi la volontà di lavorare mettendo insieme competenze diverse per disegnare qualcosa che fosse utile per affrontare la situazione che si era creata – spiega Lucia Napione, ricercatrice del DISAT – In particolare, abbiamo pensato a dispositivi che rilevassero in tempi brevi la malattia e lo abbiamo fatto unendo più competenze diverse per rispondere ad una precisa domanda che in quel periodo si poneva”.

L’invenzione è frutto della collaborazione tra il DISAT, l’Università degli Studi di Catanzaro “Magna Grecia” e la Fondazione Bruno Kessler. I co-inventori per la parte del Politecnico sono stati, oltre a Lucia Napione, Francesca Frascella, FabrizioPirri, Enzo Mario Di Fabrizio, MarziaQuaglio e Alessandro Chiadò, docenti del DISAT, in prevalenza membri del Centro Interdipartimentale sulle scienze biomediche PolitoBIOMed Lab.

Il brevetto è un dispositivo basato principalmente su saggio immunocromatografico a flusso laterale. Si tratta di un test in cui un campione liquido viene depositato e si muove su una striscia apposita per effetto della capillarità; durante il percorso, il campione incontra molecole specifiche che permettono di rilevare la presenza della sostanza cercata (analita), ma anche di verificare che il test sia stato eseguito correttamente.

La particolarità del brevetto consiste nella doppia funzione del dispositivo: si tratta infatti di due strisce immunocromatografiche che rilevano sia la presenza del virus (test antigenico) che della risposta che l’organismo mette in atto con gli anticorpi (test sierologico). In altri termini, usando un solo dispositivo, è possibile avere una doppia risposta sulla presenza del patogeno e su quella degli anticorpi specifici.

Il sistema prevede anche un metodo di amplificazione del segnale di rilevazione e quindi il miglioramento della capacità del dispositivo di rilevare l’analita anche quando è presente in piccole quantità. A valle dell’esecuzione del test è quindi prevista l’interfaccia con un’applicazione smart per la raccolta delle informazioni al fine di rendere più facile e fruibile la lettura. 

Ma le peculiarità del sistema ideato non si fermano qui. Il brevetto per il riconoscimento specifico del virus impiega, infatti, come sonda molecolare principale la stessa proteina recettoriale utilizzata dal virus durante l’infezione delle cellule: in questo modo il sistema offre una capacità di rilevazione che verosimilmente può superare le diverse mutazioni del virus riducendo la possibilità di risultati falsi negativi.

C’è poi un ulteriore elemento di utilità e innovazione. “La nostra invenzione ha una grande versatilità, perché variando gli agenti biochimici intendo gli interlocutori molecolari per il riconoscimento specifico dell’analita – può essere usata per rilevare altre malattie, considerando in primis quelle ad alto impatto sociale”, sottolinea Lucia Napione

Ed è proprio quest’ultimo aspetto a delineare il futuro del brevetto e la sua fruizione da parte delle aziende. “Il nostro sistema è stato pensato e realizzato per fini biomedicali (Covid-19 e altre patologie), ma può anche essere facilmente riadattato ad altri settori come quello agro-alimentare, ad esempio per lo screening di contaminanti alimentari o per combattere le frodi alimentari”, precisa Alessandro Chiadò, che delinea quindi i prossimi passi nella necessità di lavorare ancora sulla capacità di rilevazione del patogeno/biomarcatore/analita di interesse, e sulla fruibilità delle informazioni acquisite attraverso applicazioni smart. 

Oltre a tutto questo, concludono Napione e Chiadò, “Sarebbe utile lavorare con aziende disponibili a collaborare per una serie di test necessari per la realizzazione dei prototipi (dedicati a singola patologia/rilevazione dei diversi biomarcatori di interesse) e relativo passaggio alla produzione del/i dispositivo/i su scala industriale”.