Mobili di architetti e progettisti torinesi 1945-1965 | Davide Alaimo

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Aimaro Isola, Giorgio De Ferrari, Enrico Moncalvo (Politecnico di Torino) e Stefano Poli (Politecnico di Milano) discutono con Davide Alaimo di:

"Mobili di architetti e progettisti torinesi 1945-1965"

A partire dall'ottobre del 1946, con un’eroica mostra alla Pro Cultura Femminile, il disegno dell'arredamento torinese ha affermato il suo straordinario valore creativo.
Architetti e progettisti si sono resi protagonisti di un periodo, il ventennio dal dopoguerra al 1965, contraddistinto dalla necessità di nuovi edifici e nuovi arredi, unita alla voglia di cambiamento e alla fiducia nel futuro.
Anche il piccolo professionista poteva rivolgersi all'architetto per farsi disegnare l'arredamento completo della propria abitazione o del proprio studio. Una fitta rete di artisti, artigiani, piccole e medie aziende si sarebbe poi fatta carico di realizzare con abilità e passione il progetto, concorrendo alla realizzazione di mobili unici di altissima qualità tecnica
e formale.
Una modalità creativa favorita dal circolo virtuoso che univa la capacità progettuale all'abilità costruttiva dell'artigiano, aspetti di un mondo completamente scomparso e quasi difficile da immaginare oggi.
Dopo il 1965 invece la produzione seriale prenderà il sopravvento sul mobile esclusivo, il nome del progettista e del produttore diventeranno frequentemente uno status symbol, la nascita di nuove correnti artistiche, la sfiducia nel modernismo e nel razionalismo, insieme alla contestazione e alla nuova congiuntura economica, modificheranno profondamente il mondo dell'arredamento e l'idea dell'abitare.
La ricerca presso discendenti ed eredi di archivi professionali sopravvissuti al tempo ha permesso finalmente di attribuire la paternità di mobili di cui fino ad oggi si poteva apprezzare solo la qualità progettuale: centinaia di immagini e disegni, in massima parte inediti, permettono infatti di riscoprire e valorizzare un periodo storico altrimenti destinato ad un inevitabile oblio.