a cura di Caterina Barioglio, Daniele Campobenedetto, Davide Rolfo
Mollino, architetto «refrattario alla politica» (I. Cremona), frequenta poco l’urbanistica; ciò non gli impedisce di elaborare progetti con valenza urbana, sperimentando diversi modi di “fare città” e spingendosi in alcuni casi fino alla concezione di interi quartieri. Progetti come quello per la Società Ippica Torinese, la proposta per la ricostruzione dell’isolato tra piazza San Carlo e via XX Settembre e quelle per i concorsi per il quartiere Saint-Gobain a Pisa e Ina-casa di corso Sebastopoli a Torino si snodano fino ad arrivare all’intervento in centro città per la nuova sede della Camera di Commercio nel 1964 e alla vicenda della ricostruzione del Teatro Regio, bruciato nel 1936.
a cura di Guido Callegari, Marika Mangosio
La costruzione dell’architettura nell’opera di Carlo Mollino è analizzata attraverso due temi principali: l’involucro edilizio e il collegamento verticale. Nelle sue opere, Mollino affronta il tema dell’involucro secondo una notevole varietà di soluzioni tecnologiche, dal curtain wall di ispirazione aeronautica del Teatro Regio di Torino alla parete in legno di Casa Capriata per la X Triennale di Milano. Suggestioni simboliche e citazione di forme tradizionali si ritrovano sia negli involucri, che spesso nel caso delle scale e delle passerelle. Negli esempi presentati, il valore aggiunto conferito da Carlo Mollino al collegamento verticale gli restituisce la dignità di vero e proprio oggetto architettonico, grazie alla sua capacità di coniugare le esigenze funzionali con la scelta di sviluppi planimetrici di grande eleganza e di impiegare in modo sapiente e originale i principali materiali da costruzione.
a cura di Bernardino Chiaia, Pier Paolo Peruccio
Dalla serie di tavolini in compensato curvato e piano di cristallo temperato Arabesco alla seduta Fenis, in legno massello, progettata nel 1959 per il suo ufficio al Castello del Valentino, Mollino ha progettato alcuni dei prodotti più celebrati dell’Italian Design. Figura eccentrica, geniale e autonoma nel panorama italiano, il suo lavoro di progettista di raffinate ambientazioni e di arditi arredi per le case della borghesia torinese si intreccia con quello degli artigiani che hanno dato corpo alle sue intuizioni.
a cura di Maurizio Bocconcino, Giorgio Garzino, Fabrizio Natta, Enrico Pupi, Roberta Spallone, Marco Vitali, Mariapaola Vozzola
Schizzi, particolari costruttivi, modelli iconografici, soluzioni distributive, varianti ed elaborati esecutivi, ma anche la documentazione grafica relativa ai progetti non realizzati, compresi quelli ideali: la selezione presentata nell’ambito di questa mostra intende evocare il rapporto tra la scienza del disegno e alcuni dei temi caratterizzanti le opere di Mollino, dalla memoria, alla geometria, alle soluzioni progettuali e il tema della casa ideale e del contesto in cui i progetti si sviluppano.
A cura di Enrico Cestino, Nicola Amati
Con lo schizzo sul volo muscolare e il prototipo sperimentato nell’agosto 1963, Mollino ripercorre le origini della propria passione per il volo, cui era stato introdotto dal padre, con il quale frequentava con assiduità il campo volo dell’Aero Club Torino. Alla fine degli anni Cinquanta, stanco del solo volo turistico, Mollino avvicina il mondo dell’acrobazia e conosciuto Albert Ruesch, campione di acrobazia aerea, ne diviene allievo. Vola quasi quotidianamente unendo alla ricerca della massima precisione nell’esercizio acrobatico, la costante attenzione al miglioramento delle caratteristiche prestazionali degli apparecchi. Come per l’automobilismo dove in quegli stessi anni Cinquanta Mollino si misura con la progettazione e la realizzazione di prototipi di vetture da competizione (C4), così nell’aeronautica egli unisce all’attività di pilota quella di progettista. Una delle creazioni più iconiche sarà il bisiluro, in grado di raggiungere una velocità massima di circa 200 km/h.
a cura di Antonio De Rossi, Carlo Deregibus
Il progettare di Mollino trova le sue radici nel modernismo degli anni ’30 e ’40, che riecheggia nei primi progetti, già tuttavia permeati di un’intensa ibridazione con temi di natura squisitamente costruttiva. Le indagini sulle architetture alpine portano infatti Mollino a ragionare su un approccio caso per caso che non mira a codificare modelli ma a definire soluzioni puntuali, con un approccio coerentemente eclettico, che si traduce in un uso coraggiosamente anti-canonico delle figurazioni e dei materiali architettonici.
a cura di Michela Comba, Juan Carlos De Martin
Carlo Mollino, tra il 1933 e il 1965, ha pubblicato racconti, articoli, libri, introduzioni, prefazioni, interventi per conferenze e trasmissioni radiofoniche. Scrivere era una strategia di anoblissement: Mollino presupponeva per un progettista il conseguimento di un ruolo sociale coincidente con quello intellettuale. I manoscritti e i dattiloscritti dell’architetto, rivelano una scrittura costruita senza schemi, a partire da elenchi sommari di autori e opere. Gli apparati iconografici, intessono trame narrative parallele e complementari, che svelano un’altra inclinazione della poliedrica personalità di Mollino: quella di studioso e curioso collezionista di libri, riviste e cataloghi.
a cura di Arianna Astolfi
In questa sezione vengono approfonditi due aspetti del Nuovo Teatro Regio di Torino. Il primo è la copertura, che seguì un iter progettuale complesso fin dagli studi preparatori del 1965 che si concluse con la soluzione di una struttura a paraboloide iperbolico, un guscio sottile di calcestruzzo armato spesso 8 cm, che riduce drasticamente l’ingombro strutturale e il peso proprio della precedente idea progettuale. Il secondo è l’acustica, progettata tenendo conto anche dell’effetto di “levitazione” e di “nuvola luminosa” ricercato per il lampadario. I giudizi dei musicisti e dei cantanti furono molto positivi.
a cura di Alberto Cina, Roberto Dini
Rocce, ghiacci, nevi sono trattati da Mollino alla stregua di architetture, uno spazio “misurato” attraverso la pratica diretta dell’alpinismo, delle osservazioni aeree e dello sci. I territori montani, rurali, costieri, sono per Mollino quell’altrove che ‐ rispetto al più consueto ambito della città ‐ ha consentito all’architetto di lavorare con nuove specificità, esigenze e suggestioni, introiettando nell’architettura le peculiarità dell’ambiente, e trasformandolo in un’occasione di ricerca nuova e originale. Ciò appare con forza nei suoi progetti per le realtà turistiche di Cervinia e Sauze d’Oulx dove mette in atto una vera e propria “ripresa e distorsione” dei caratteri dell’architettura e delle tradizioni costruttive del territorio montano. In altri progetti la sua attenzione sembra altresì rivolgersi agli aspetti più scenografici dei territori, dando vita attraverso l’architettura ad una vera e propria “amplificazione” delle caratteristiche più intime dei luoghi e svelandone significati inediti e profondi.
a cura di Antonio De Rossi, Carlo Deregibus
Il pensiero molliniano è stato sempre un progetto di spazi. È quindi altamente significativa la sezione che illustra il senso e i primi esiti del grande processo del Masterplan di ateneo, cui il Politecnico di Torino da alcuni anni sta dedicando eccezionali sforzi e risorse, al fine di delineare un’organica strategia di sviluppo degli spazi destinati alla didattica, alla ricerca, alle piattaforme d’impatto, in stretta relazione con il territorio metropolitano torinese. Per sintetizzare gli interventi nei due campus principali, dedicati alle aree di Ingegneria e Architettura, e per le piattaforme d’impatto sui temi più significativi del panorama contemporaneo (automotive, industria 4.0, aerospazio, digitale, economia circolare, energia) nasce il Masterplan. Più che un piano, il Masterplan è una costruzione permanente di scenari possibili che permette di tradurre le istanze strategiche in fatti fisici e morfologie, superando la dimensione programmatica legata all’allocazione di risorse e alla quantificazione dei bisogni.