Nasce il Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile
Il 22 gennaio scorso è stato presentato alla stampa il nuovo Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile, realizzato da Università di Torino, Politecnico di Torino, Università del Piemonte Orientale e Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Sono intervenuti presso l’Aula Magna della Cavallerizza Reale Stefano Geuna, Rettore dell’Università di Torino, Guido Saracco, Rettore del Politecnico, Gian Carlo Avanzi, Rettore dell’Università del Piemonte Orientale, Bartolomeo Biolatti, Rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Cristina Prandi, Vice-Rettrice per la ricerca delle scienze naturali e agrarie dell’Università di Torino. Per l'occasione è stato lanciato un appello di Carlo Petrini per un nuovo sistema educativo alimentare da sottoscrivere in maniera individuale e collettiva (QUI IL TESTO DELL'APPELLO).
Il Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile, che avrà sede a Pollenzo presso l’Università di Scienze Gastronomiche e vedrà Carlo Petrini nel ruolo di Presidente, rappresenterà un polo di ricerche e di studi sul cibo come bene complessivo, connesso all’ecologia, all’agricoltura e al consumo sostenibili, all’educazione sensoriale, agli stili di vita consapevoli, al benessere del vivente, all’economia circolare, alle politiche alimentari, all’innovazione non solo tecnologica ma anche concettuale e di modello, con l’obiettivo di attrarre finanziamenti per linee di ricerca applicata e processi di sviluppo di prototipi, e di diventare un punto di riferimento internazionale sul tema.
Il Sistema Universitario Piemontese, per le caratteristiche differenti e complementari dei quattro Atenei, è in grado di garantire un solido capitale di conoscenze, competenze, infrastrutture di ricerca avanzate, oltre a una rete di collaborazioni con enti e istituzioni nazionali e internazionali non profit, di ricerca e formazione, e associazioni di cittadini. Il Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile sarà un luogo di incontro e di coordinamento, dove nasceranno e da dove partiranno i progetti collaborativi, implementati e realizzati nei laboratori specialistici di Unito, Polito, UniUPO e UniSG, secondo una logica di laboratorio diffuso che sfrutta e valorizza le infrastrutture di eccellenza già presenti nelle sedi degli Atenei piemontesi.
Il nuovo centro si occuperà anche di formazione e terza missione, con una funzione di supporto alle iniziative culturali e turistiche di promozione del territorio e di promozione di una coscienza individuale e collettiva sul tema del futuro della vita umana sul pianeta. Si svilupperà, grazie alla rete di ricercatori, studiosi, studenti, istituzioni e stakeholder che ne saranno parte attiva, lungo due assi tematici principali, che saranno approcciati trasversalmente, in un’ottica completamente interdisciplinare: quella della salute e del benessere e quello della società e della comunità. Questo significherà non soltanto attivare ricerca e formazione, ma anche promuovere e sostenere incubatori creativi e start-up per studenti o alumni delle Università che intendono sperimentare nuove vie imprenditoriali per il futuro della buona alimentazione del pianeta, così da incentivare la nascita di imprese che abbiano al centro un nuovo modello di produzione, distribuzione e consumo del cibo.
Il Centro di Studi e Ricerca sul Cibo Sostenibile intende portare avanti un’azione forte di sensibilizzazione delle istituzioni pubbliche affinché l’educazione alimentare e, più in generale, l’educazione a stili di vita consapevoli e sostenibili, entrino in maniera organica nei curricula della scuola primaria e secondaria. La transizione ecologica non può prescindere dalla formazione delle generazioni più giovani fin dai primi anni del proprio percorso formativo. Per realizzare questo obiettivo, oltre che un’azione di advocacy forte nelle sedi istituzionali e decisionali, sarà altresì necessario immaginare strumenti di formazione degli insegnanti e degli operatori dell’educazione primaria, al fine di promuovere un ambiente educativo capace di fronteggiare le enormi sfide della contemporaneità. L’approccio olistico e transdisciplinare del Centro sarà strumento di innovazione al cuore stesso del sistema scolastico italiano ed europeo.
“Siamo felici – commenta il Rettore Guido Saracco - che questo importante progetto sia giunto a compimento, perché comprende tutti i valori che fondano e guidano la nostra attività di ricerca. Siamo certi di poter dare un contributo importante e siamo felici di poter collaborare con tutti gli atenei piemontesi per valorizzare le eccellenze del nostro territorio e contribuire a diffondere un’attenzione sempre più diffusa sul cibo sano e sostenibile”.
Misurabilità, sostenibilità, circolarità, qualità e salubrità saranno le parole chiave intorno alle quali il Centro incardinerà i propri interventi e le proprie progettualità, con lo scopo di perseguire obiettivi tra loro spesso legati.
In primo luogo l’obiettivo di promuovere stagionalità e località: la stagionalità comporta infatti la disponibilità di cibi freschi, e ciò consente al consumatore di godere appieno delle loro caratteristiche organolettiche e nutritive senza intermediazione di cicli frigorigeni, catene di trasporto complesse o uso di conservanti, entrambi causa di consumi energetici (diretti o indiretti) e quindi di emissioni di gas serra. Proprio per questi minori consumi - energetici o di materiali - il cibo stagionale ha un riscontro anche nel diritto al sapore e alla sostenibilità economica per il consumatore.
Ridurre la plastica all’interno della filiera alimentare è il secondo obiettivo: l’inquinamento da plastiche non biodegradabili ha infatti raggiunto oggi livelli preoccupanti, e se da un lato sono oramai necessarie politiche attive per ripulire il mondo dalle pervasive plastiche, dall’altro è urgente sia ridurne al massimo l’utilizzo che aumentarne la riciclabilità.
Fondamentale risulta quindi l’urgenza di ridurre gli sprechi: ogni anno si registra la produzione di 2,6 Gton (miliardi di tonnellate) di cibo utile, generando contemporaneamente 1,3 Gton di rifiuti organici, per metà circa originati nelle mura domestiche, per l’altra metà lungo la filiera produttiva. Ridurre gli sprechi alimentari significa produrre meno CO2, disboscare meno foreste per far spazio a produzioni alimentari e, non poco in termini di riduzione delle diseguaglianze, risparmiare.
Altro importante obiettivo è quello di promuovere un utilizzo rigenerativo dei suoli, considerando l’aumento preoccupante del consumo di suolo in Italia: nel Paese cresce infatti più il cemento che la popolazione, e ogni secondo si perdono 2 mq di suolo fertile. È necessario pertanto rafforzare il legame tra agricoltura e ricerca, favorendo il dialogo e la collaborazione tra aziende agricole virtuose dal punto di vista dei servizi ecosistemici e centri di ricerca, con l’obiettivo di iniziare un percorso che porti alla costituzione di un network italiano di lighthouse farms (dimostratori territoriali di buone pratiche, luoghi di formazione e comunicazione) e living labs (luoghi ricerca dove gli stakeholders contribuiscono a sviluppare soluzioni e ad accelerarne l’adozione sui territori), in collaborazione con gli stakeholders attivi nel settore.
E ancora, si guarda all’obiettivo di rafforzare la biodiversità, termine definito dalla Convenzione ONU sulla Diversità Biologica come la varietà e variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono, includendo la diversità a livello genetico, di specie e di ecosistema. Negli ultimi 10 anni sono scomparse 160 specie animali e 35,000 sono quelle a rischio, anche in conseguenza dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e di un uso scorretto dei suoli. Combattere la perdita di biodiversità non è solo una questione etica. Biodiversità significa resilienza e capacità di sopravvivere al cambiamento grazie a un sottile equilibrio che regola le relazioni tra gli esseri viventi, l’uno essendo spesso funzionale all’altro in un ecosistema complesso.
L’obiettivo di ridurre gli anelli della filiera di produzione e trasporti delle merci vuole invece evitare la compromissione delle qualità nutritive della materia prima alimentare che, nella fase di trattamento, genera inoltre scarti, consuma energia e contribuisce all’effetto serra. Il trasporto di merci in container a costi bassi ha infatti portato da un lato ad aumentare l’impronta ambientale dei cibi e dall’altro a mettere fuori mercato filiere alimentari autoctone.
Si rileva quindi l’urgenza di aumentare l’apporto proteico da fonti alternative alla carne: l’allevamento di bovini, anche per la sua estensione, comporta infatti il 4% delle emissioni di gas serra di origine antropica. Questo non è legato tanto alla CO2 ma al metano associato alle deiezioni animali, essendo quest’ultimo 21 volte più efficace del biossido di carbonio nel promuovere il riscaldamento dell’atmosfera. All’insegna del principio “no one left behind” a cui ispirare la transizione ecologica - per non generare squilibri economici controproducenti - sarà necessaria una certa progressione nel disimpegno, almeno parziale, dalla carne come fonte proteica, privilegiando comunque le filiere autoctone di prossimità rispetto a quelle di importazione, su cui pesa l’impronta ambientale aggiuntiva legata al trasporto.
A seguire, l’accesso posto sulla necessità di tracciare e qualificare in maniera sempre più precisa e puntuale il cibo lungo l’intera catena produttiva che dal campo passa all’industria di processo, alla tavola dei consumatori fino ad arrivare alla salute di questi ultimi attraverso la blockchain, la rete informatica di nodi che gestisce in modo univoco e sicuro un registro pubblico composto da una serie di dati e informazioni, come le transazioni, in maniera aperta e distribuita, senza che sia necessario un controllo centrale.
Ulteriore obiettivo perseguito dal nuovo Centro sarà quello di promuovere l’educazione alimentare nelle scuole favorendo il dialogo tra scienza e saperi tradizionali. Per raggiungere la massa critica necessaria ad affrontare con successo le enormi sfide della contemporaneità, è importante crescere una generazione di cittadini consapevoli che i propri stili di vita e in particolare i propri consumi alimentari impattano fortemente sul sistema alimentare globale.
Sempre in ambito educativo, sarà fondamentale promuovere un cambiamento virtuoso degli stili di vita per migliorare il livello generale di salute dei cittadini. La salute è infatti perseguibile solo attraverso l’adozione di diete sane e sostenibili. In un’ottica di innovazione e di cambiamento del modello sanitario attuale, che dedica una parte cospicua delle proprie risorse al processo di cura, il cibo potrebbe e dovrebbe rappresentare il giro di boa verso un maggiore investimento in piani preventivi, che mirino non solamente all’incremento dell’età media di vita della popolazione, come accaduto negli ultimi decenni, ma con l’obiettivo più ambizioso di promuovere e sostenere un invecchiamento in salute. Inoltre, l’adozione di pattern dietetici sani e sostenibili, ha il duplice vantaggio di preservare non solo la salute dell’uomo, ma anche quella del Pianeta Terra.
Ultimo obiettivo in programma, la costruzione di “politiche del cibo” su diverse scale e in particolare su quella regionale e locale: le politiche del cibo su scala nazionale e regionale hanno infatti un ruolo fondamentale nella territorializzazione delle politiche europee in campo agro-alimentare. Il nuovo Centro potrà favorire ulteriormente la collaborazione tra gli Atenei piemontesi – già avviata con l’Atlante del cibo di Torino metropolitana, il lancio dell’Osservatorio nazionale sulle politiche locali del cibo e le attività della RUS (Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile) e in particolare di RUS Piemonte – consentendo di giocare un ruolo di riferimento alla scala nazionale e internazionale nel supporto e promozione alla costruzione di food policy place-based che sappiano difendere, promuovere e valorizzare le diversità bio-culturali.