Immagine di elementi di cemento creati con fanghi di scarto
29/11/2023
Ricerca e innovazione

Come produrre cemento dai fanghi

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Esempi di materiali ricavati dai fanghi con diverse forme e colori
Esempi di materiali ricavati dai fanghi con diverse forme e colori

Un “cemento” creato dal fango o, meglio, dai fanghi di segagione, materiali di scarto della lavorazione delle pietre che, fino ad oggi, sono stati un problema e che con un brevetto del Politecnico possono diventare una risorsa preziosa. A spiegare tutto sono i docenti e i ricercatori di due Dipartimenti (Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia-DISAT e Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Edile e Geotecnica-DISEG) che sono arrivati alla registrazione del brevetto partendo dall’esperienza professionale e scientifica nell’ambito dello sviluppo di materiali.

Della “squadra” fanno parte Paola Palmero e Jean-Marc Tulliani, docenti in Scienza e Tecnologia dei Materiali del DISAT, Paola Antonaci, docente di Scienza delle Costruzioni del DISEG e Marco Zerbinatti, docente di Architettura Tecnica, sempre del DISEG.

“Il brevetto – spiegano – è frutto di un innovativo processo di attivazione alcalina e consente di realizzare dei leganti alcali-attivati alternativi rispetto al cemento tradizionale il cui processo di produzione è molto impattante dal punto di vista ambientale”. Alla base dell’interesse applicativo della tecnologia brevettata sono di fatto due motivi: da un lato, come si è detto, il forte impatto ambientale del cemento tradizionale (dovuto all’elevato dispendio energetico necessario per la sua produzione, nonché alle emissioni di anidride carbonica connaturate con il processo stesso di trasformazione delle materie prime minerali in clinker), dall’altro la possibilità di sfruttare in modo diverso degli scarti di lavorazione che da rifiuti passano così a materie prime.

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I materiali portati dal Politecnico alla Milano Design Week
I materiali portati dal Politecnico alla Milano Design Week

“Abbiamo iniziato – viene precisato – con gli scarti fini di lavorazione delle pietre composte prevalentemente da silicati, che danno origine a fanghi che fino a oggi non avevano un uso e che, anzi, creavano importanti problemi di smaltimento”. Queste sostanze, infatti, se distribuite in modo sbagliato nell’ambiente creano molti problemi di contaminazione delle acque e del suolo e possono determinare danni respiratori non indifferenti. “Per noi – sottolineano i componenti del gruppo di ricerca – il materiale di scarto è invece una materia prima preziosa. Non si tratta di riutilizzarlo all’interno di un conglomerato, ma di renderlo esso stesso materia prima per la produzione di un legante diverso dal cemento, ugualmente efficace e meno inquinante. Un materiale che può costituire anche la base per la produzione di manufatti edili alleggeriti/multistrato con proprietà di isolamento termico e acustico, oppure per veri e propri elementi di design”. Il brevetto concerne tutto il processo di produzione che si basa sulla attivazione dei fanghi con una soluzione alcalina. Molti i vantaggi rispetto alla produzione tradizionale di cemento. Quest’ultimo, ad esempio, deve essere prodotto con trattamenti ad altissima temperatura e fortemente energivori. I fanghi di segagione, invece, non hanno bisogno del processo di calcinazione e macinazione e possono essere utilizzati virtualmente senza alcun trattamento aggiuntivo.

Ma cosa serve adesso? “Il brevetto – viene sottolineato dai ricercatori del Politecnico – ad oggi è in attesa di un progetto imprenditoriale completo, che si ponga l’obiettivo di sviluppare un prodotto con migliori caratteristiche ambientali rispetto allo stato dell’arte attuale e che arrivi alla dimostrazione della remuneratività dell’investimento attraverso un’analisi di mercato accurata per lo specifico settore applicativo. Infatti, quello che si ottiene con l’applicazione del brevetto è un prodotto molto versatile dal punto di vista del suo uso e può essere utilizzato per la produzione di manufatti come mattoni, pannelli fonoassorbenti, materiali di design, lastre pavimentali e arredo urbano. Si tratta di materiali tra loro molto diversi in quanto a mercato”. Ma non solo.

Dal Politecnico sottolineano anche la versatilità del processo per quanto riguarda la composizione del rifiuto da cui è possibile partire: dai fanghi silicatici alla polvere di marmo, fino ad arrivare ai limi che derivano dai processi di dragaggio degli invasi idroelettrici montani.

Da DISAT e DISEG arriva quindi un messaggio chiaro: “Cerchiamo aziende che collaborino con noi e che siano attive in diversi ambiti: da chi produce fanghi di segagione a chi lavora come intermediario, senza trascurare naturalmente chi fino ad oggi ha prodotto solo cemento oppure che lavora nel comparto dell’arredo urbano. L’obiettivo è dare vita ad una rete che metta insieme chi ha i fanghi, chi li può trasformare e chi può utilizzarli per progetti nuovi, in coerenza con criteri di ‘filiera corta’ e di sostenibilità ambientale”.