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23/05/2023
In Ateneo

L’alluvione in Emilia-Romagna spiegata dalla scienza

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Pierluigi Claps è esperto di eventi estremi, di adattamento ai cambiamenti climatici, di valutazione probabilistica del rischio, di sicurezza delle dighe, di idrologia delle piene e di risorse idriche. Insegna al Politecnico presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture dove ha creato, con il suo gruppo di lavoro, la prima banca dati in Italia che raccoglie tutti gli eventi estremi di pioggia avvenuti dal 1920 a oggi. Si tratta di una risorsa preziosa per effettuare valutazioni proprio nei casi di alluvioni come quella che si è verificata in Emilia-Romagna.

I dati servono per evidenziare le caratteristiche di eccezionalità e severità degli eventi piovosi e capire se ci sono dei luoghi in Italia in cui le piogge intense sono in aumento. Nella carta geografica qui riportata si possono osservare le zone, indicate dai triangoli rossi, in cui è stato rilevato un incremento del valore massimo assoluto di precipitazioni in d ore. Tra queste zone c’è proprio tutta l’area da Bologna alla Romagna, dove si è verificata l’alluvione degli scorsi giorni. I ricercatori del Politecnico sono al lavoro sullo storico delle misure per esaminare la rarità complessiva dell’importante evento pluviometrico che ha colpito la Romagna.

Anche nelle Marche solo pochi mesi fa, il 15 settembre 2022, si è verificato un nubifragio, definito temporale autorigenerante, con caratteristiche fuori dall’ordinario, tanto che i meteorologi e gli esperti di idrologia statistica lo stanno ancora analizzando e lo analizzeranno per molto tempo. Ma perché se in Emilia-Romagna le piogge hanno avuto intensità minore rispetto alle Marche l’ampiezza delle aree coinvolte è stata maggiore?

L’alluvione in Emilia-Romagna ha avuto un’estensione che si avvicina alle più grandi alluvioni d’Italia e il numero di vittime, quattordici attestate, è davvero elevato considerando che l’evento era stato ampliamente previsto. In particolare, ci saranno due aspetti tecnici da indagare: come prevenire il collasso di un argine e come rivedere i criteri di progettazione.

Per prevenire il collasso di un argine quando il livello idrico non lo supera sarà necessaria una manutenzione onerosa ma assolutamente necessaria; soprattutto in Emilia-Romagna dove si sono rotti diversi argini negli ultimi anni.

Il secondo aspetto che rende questo evento straordinario riguarda le caratteristiche delle precipitazioni. Nonostante abbia piovuto meno intensamente rispetto alle Marche, la precipitazione è però stata persistente e ha interessato contemporaneamente delle aree molto vaste. Dalle prime analisi dei dati storici emerge che l’entità della precipitazione in 36 ore su quelle aree potrebbe non avere precedenti in tutto il periodo di osservazione, iniziato nel 1920.

L’evento è stato causato infatti da una configurazione meteorologica particolare, nella quale la circolazione di aria arrivata da sud-est ha interessato proprio il mar Adriatico, dove ha incontrato un’alta pressione che ha impedito ai flussi di allontanarsi. Questo fenomeno di circolazione bloccata tecnicamente è chiamato ‘Stau’. Casi del genere si sono già presentati, anche su una scala più grande, come nell’alluvione del Po nel 2000, ma con la presenza delle Alpi a sostenere il blocco meteorologico, mentre nelle zone degli Appennini sono stati osservati più raramente.

Al blocco descritto sopra e al mar Adriatico agitato, che ha reso più lenta la restituzione in mare delle portate fluviali, si è aggiunto un ulteriore fattore: le conseguenze delle abbondanti piogge cadute dall’1 al 3 maggio. Avere due episodi piovosi molto significativi a così breve distanza di tempo ha comportato che i bacini e i versanti fossero ancora saturi d’acqua, con poca o nulla capacità di assorbimento. Per questo si sono verificati numerosi fenomeni franosi e straripamento dei fiumi.

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Questa rapida successione di eventi rari ha colto di sorpresa anche gli esperti. Ecco perché durante l’alluvione in Emilia-Romagna sono stati superati i valori di riferimento sulla base dei quali si progettano le opere. “Nessuno progetta pensando che possa avvenire un evento così grave in concomitanza con un grado così elevato di saturazione dei suoli; sarebbe una progettazione all’estremo della prudenza, insostenibile dal punto di vista economico spiega il professor Pierluigi Claps la colpa non è quindi dei progettisti. Per contrastare questi eventi si deve invece rafforzare la Protezione Civile. Bisogna fare i conti con il fatto che le difese possano essere superate, ma non ci devono essere vittime - prosegue - è molto grave che a causa di un evento previsto con tanto dettaglio ci siano stati così tanti morti. Bisogna utilizzare la descrizione di ciò che è accaduto per spiegare alle persone che certi comportamenti vanno evitati. Per esempio, quando gli allarmi vengono diramati non bisogna mettersi in macchina e non bisogna utilizzare locali sotto il livello stradale, perché gli allagamenti dei piani interrati sono rapidissimi e la spinta dell’acqua non lascia scampo. Bisogna lavorare con i comuni e la Protezione Civile affinché le persone assumano comportamenti più prudenti.

Nella direzione di rafforzare la resilienza dei territori va anche il progetto finanziato dal piano Nazionale di Ripresa e Resilienza RETURN, una rete nazionale che unisce dodici università, tra cui il Politecnico di Torino, cinque enti di ricerca e centri di competenza, sei privati, due enti territoriali e il Dipartimento di Protezione Civile con il fine di contrastare i rischi naturali, ambientali e antropici. È una grandissima novità per l’Italia, che dovrà far crescere la risposta del Paese a eventi come quello dell’alluvione degli scorsi giorni.

Durante questa epoca di cambiamenti inequivocabili stanno succedendo fenomeni particolarmente gravi e inaspettati, ma secondo il professor Claps per l’alluvione in Emilia-Romagna non siamo in grado di dare la colpa unicamente al cambiamento climatico, perché servirebbe una quantità di dati di cui ancora non disponiamo. Che questi eventi straordinari stiano avvenendo più frequentemente, però, è un fatto. “Dobbiamo allora prepararci sia per gli eccessi sia per le carenze. Un mese fa si parlava della carenza idrica, ma anche in questo caso non si può dare la colpa a chi ha pianificato e progettato perché nel Po non si erano mai viste grandi siccità. Anche qui bisogna lavorare sulla manutenzione e la programmazione degli interventi, questioni entrambe trascurate per le risorse idriche negli ultimi vent’anni in Italia.”

Stanno capitando conclude il professor Claps molti eventi che vanno oltre l’ordinario. Per contrastarli è necessario prepararsi. Prepararsi meglio. Sul lungo periodo migliorando la manutenzione e accelerando la realizzazione delle infrastrutture, sul breve periodo intensificando l’azione della Protezione Civile ed educando i cittadini a seguire le norme di auto-protezione indicate nei piani comunali di emergenza.”