Famiglie, sostantivo plurale | Chiara Saraceno

Chi è Chiara Saraceno

Chiara Saraceno

Chiara Saraceno, honorary fellow presso il Collegio Carlo Alberto di Torino, è stata professoressa di sociologia della famiglia prima all’Università di Trento e poi di Torino e, per cinque anni, professoressa di ricerca presso il Wissenschaftszentrum Berlin für Sozialforschung.

Nel 1998-2001 è stata presidente della Commissione di indagine sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia. Attualmente presiede il comitato scientifico per la valutazione del RdC. Tra i suoi libri recenti, Advanced introduction to family policy, Edward Elgar 2022; il Welfare, il Mulino 2021; Poverty in Italy (con D. Benassi e E. Morlicchio), Policy Press 2020, ora anche tradotto in italiano per il Mulino, 2022; L’equivoco della famiglia, Laterza 2017; Mamme e papà. il Mulino 2016; “Il Lavoro non basta. La povertà in Europa negli anni della crisi, Feltrinelli 2015; Coppie e famiglie. Non è questione di natura, Feltrinelli 2016. Nel 2005 è stata nominata dal Presidente Ciampi Grande ufficiale della Repubblica Italiana.

Nel 2011 la British Academy l’ha designata corresponding fellow.

È presidente della Rete Italiana di Cultura popolare e co-coordinatrice dell’Alleanza per l’Infanzia. Collabora ai quotidiani la Repubblica e La Stampa.

"Contro natura. Lettera al Papa"

Immagine
Francesco Remotti, Contro natura. Lettera al Papa

"Le ceneri di Angela"

Immagine
Frank McCourt, Le ceneri di Angela

"La figlia perfetta"

Immagine
Anne Tyler, La figlia perfetta

"Sei come sei"

Immagine
Melania G. Mazzucco, Sei come sei

Tania Cerquitelli: Un benvenuto a tutti voi, sono Tania Cerquitelli, docente presso il Politecnico di Torino.  Attualmente ricopro il ruolo di Presidente del Comitato Unico di Garanzia in Ateneo, un organo che valorizza le pari opportunità e promuove le diversità. Proprio in questi giorni nel nostro Ateneo abbiamo intitolato la Sala Consiglio di Facoltà a Emma Strada, prima Ingegnera del Politecnico di Torino, e in questo contesto è stato presentato il Gender Equality Plan, la strada per la valorizzazione della diversità.

Il concetto di diversità oggi è molto importante, in quanto rappresenta le variabilità dell’individuo all’interno della nostra società, aspetto molto legato alla tematica della puntata di oggi: nello specifico parliamo di famiglia, concetto che nel corso del tempo ha avuto un’evoluzione molto ampia. La famiglia è regolata dall’articolo 29 della nostra Costituzione come “un fatto naturale, istituzionalizzato attraverso il matrimonio”. Questa definizione è un po’ lontana dai modelli presenti nella nostra società: di fatto oggi la famiglia è più un’unione di affetti, di persone che condividono momenti di vita.

Affrontiamo questa tematica così importante relativa alla famiglia e alla sua evoluzione con un ospite speciale: la Prof.ssa Chiara Saraceno, che ringraziamo per aver accettato l’invito e per aver scelto i cinque libri da presentarci.

Chiara Saraceno è Honorary Fellow presso il Collegio Carlo Alberto di Torino, è stata Prof.ssa di Sociologia della Famiglia – prima all’Università di Trento e poi di Torino – e per cinque anni è stata Ricercatrice presso il Social Science Center di Berlino. 

Nel periodo 1998-2001 è stata Presidente della Commissione d’Indagine sulla povertà e l’Esclusione Sociale in Italia, attualmente presiede il Comitato Scientifico per la valutazione del Reddito di Cittadinanza.

Sulla famiglia, la Prof.ssa Chiara Saraceno ha scritto diversi libri, tra i quali ricordiamo “Advanced introduction to family policy” (Elgar, 2022), “L’Equivoco della famiglia” (Laterza, 2017), “Mamme e Papà” (Il Mulino, 2016), “Coppie e famiglie. Non è questione di natura” (Feltrinelli, 2016).

Nel 2011 la British Academy l'ha designata Corresponding Fellow. Presidente della Rete Italiana di Cultura Popolare e coordinatrice dell'Alleanza per l'infanzia, collabora inoltre con i quotidiani La Repubblica e La Stampa.

Grazie Prof.ssa Saraceno per essere qui con noi e per aver scelto di parlare del concetto di famiglia, dell'evoluzione di questo termine, sia nel tempo che nello spazio. La prima domanda che le pongo è: ci può̀ descrivere gli elementi che ha considerato nella scelta di questi cinque libri?

 

Chiara Saraceno: Certamente. Pur essendo una sociologa, e quindi una persona che scrive libri accademici sulla famiglia, ho deciso di portare un solo libro di tipo accademico, anche se, come vedremo, non è strettamente tale.

Ho invece deciso di scegliere quattro romanzi che si riferiscono a epoche diverse e a classi sociali differenti, che affrontano il tema della famiglia da diversi punti di vista. Questo perché, come dicevo ai miei studenti quando insegnavo, spesso i romanzi – così come alcuni bei film –  ci fanno capire delle cose sulla famiglia più profondamente che non dei trattati. La famiglia è un “oggetto”, un’esperienza di cui tutti abbiamo una qualche contezza, salvo chi vive e cresce in un orfanotrofio e poi da solo o in una comunità (benché anche costoro abbiano un’immagine della famiglia, in questo caso come qualcosa di mancante). Il concetto di famiglia è così intimamente legato alla nostra esperienza che noi tutti abbiamo l’illusione sia di conoscerla benissimo, sia che la famiglia, e il modo di farla ed intenderla, sia lo stesso per tutti.

Mi ricorderò sempre una mia studentessa che, una volta tornata a casa, aveva detto a sua mamma che era stata a lezione di Sociologia della Famiglia, e la mamma le rispose “Ma come? la pagano anche per insegnare queste cose? Te lo insegno io che cosa è la famiglia”.

Ho quindi cercato di trovare dei tagli che ci consentissero di prendere un po’ le distanze dalle nostre ovvietà, anche se può essere considerato come disturbante. Qualcuno potrebbe infatti dire che ho scelto libri che mostrano più gli aspetti problematici che la bellezza della famiglia.

 

TC: Sicuramente il concetto di famiglia è molto ampio, le dinamiche della società moderna mettono in evidenza che il modello della famiglia è cambiato nel corso del tempo, essendo diventato oggi un nuovo concetto da rappresentare in maniera opportuna.

 

CS: Non è solo cambiato nel tempo rispetto alla nostra società. Il modo in cui si intende la famiglia è anche differente da una società all’altra. Non c’è solo mutamento, un’evoluzione in avanti o indietro, c’è anche il fatto che società diverse, anche contemporanee tra di loro, intendono la famiglia – cioè chi ne fa parte e quali sono i confini – in modo differente. Vale per i fondamenti stessi della famiglia, motivo per cui il primo libro che ho scelto è di un antropologo, che mostra appunto le difformità nei modi di regolare che cosa è una famiglia.

 

TC: Ecco, il primo libro da lei scelto è di Francesco Remotti, dal titolo “Contro Natura. Una lettera al Papa”. Ci può spiegare brevemente chi è l’autore e di che cosa tratta il libro?

 

CS: Francesco Remotti è uno dei maggiori antropologi italiani. Questo libro – che è il concentrato di tutti i suoi studi, fatti prevalentemente sull’Africa – è stato scritto da Remotti nel contesto del dibattito sulle Unioni Civili, e il titolo difatti ce lo ricorda in maniera provocatoria.

È una lettera a Ratzinger, allora Papa, in cui viene contestata l’argomentazione della Chiesa Cattolica e del Papa stesso, relativa all’estensione del concetto di matrimonio e di famiglia a persone dello stesso sesso, in quanto ciò sarebbe contro natura, perché la “famiglia naturale” è quella dove sono presenti sia un uomo che una donna, un papà e una mamma.

Remotti, all’interno del suo libro specifica che questa concezione è valida per la cultura occidentale, dove il fondamento della famiglia è dato dal rapporto di coppia da cui nascono le relazioni di parentela e i rapporti di filiazione. Ma in altre culture, e in parte anche in certe zone dell’occidente – penso ad esempio alle Frèresches nella Francia contadina di qualche secolo fa – il legame familiare è un dato della consanguineità, non dell’alleanza: sono i consanguinei che compongono una famiglia, i “coniugi” sono esterni ad essa e non sempre vivono insieme. Questo è ciò che racconta Remotti all’interno del libro in relazione ad alcune tribù africane.

Queste argomentazioni relative alla non univocità del concetto di famiglia valgono anche per la rigidità della appartenenza di genere e la necessità che una coppia coniugale sia sempre costituita da due persone di sesso diverso. In alcune microsocietà cinesi, prima che venissero soffocate dal regime comunista, nel caso non vi fosse un figlio maschio a perpetuare la discendenza, il ruolo di maschio e marito venisse attribuito ad una figlia. Lo stesso succedeva presso alcune tribù africane. Anche in realtà più vicine a noi, ad esempio in alcune zone dell’ex Jugoslavia, laddove mancava un maschio e le famiglie rischiavano di morire di fame – in quanto le donne nella distribuzione dei ruoli non potevano effettuare certi lavori – ed anche di rimanere prive di protezione– una figlia veniva “trasformata” in maschio, potendo passare tutta la vita in questa condizione. In altri termini, come mostra Remotti, la famiglia è un fenomeno caratterizzato da di grandissima variabilità nella definizione di che cosa la compone e di che cosa ci possiamo aspettare dai diversi membri. Una costruzione sociale, non un dato naturale.

 

TC: Quindi esistono diversi modi di definire il concetto di famiglia. Dobbiamo trarre la conclusione che lo Stato e la legge non possono regolare il concetto di famiglia, oppure una regolazione è necessaria?

 

CS: Ogni società, ancor prima dello Stato, ha in qualche modo regolato la famiglia – regolato nel senso di attribuzione e definizione dei confini di chi può fare o non fare famiglia e quali sono gli obblighi, oltre che i diritti che ne scaturiscono; anche perché è la famiglia che garantisce la società e la sua continuazione tramite la riproduzione. Un quesito ad esempio riguarda a chi attribuire i figli: appartengono alla tribù, al casato, alla comunità etnica, alla cittadinanza, alla religione, della donna o dell’uomo? Noi, nel 2022, in Italia, siamo arrivati a dire che i figli devono avere entrambi i cognomi, quindi che tutto sommato i figli appartengono ad entrambe le “tribù”. Quanto più si fonda l’appartenenza sullo jus sanguinis, tanto più cruciale diventa la questione dell’attribuzione della filiazione. Non è sorprendente quindi che ogni società cerchi di regolare la famiglia, perché non è soltanto una questione privata. Quello che è interessante è che ci sono certe società più aperte di altre nel consentire e nel regolare le difformità: ci sono società – come è stata a lungo la nostra e parzialmente lo è ancora oggi – in cui c’è un solo modello, altre invece – e la nostra lo sta diventando adesso – che hanno un modello gerarchico, ovvero si ha un modello di famiglia che è più autentico di altri (pensiamo ad esempio alla differenza tra matrimonio ed unioni civili); altre ancora che invece mettono sullo stesso piano modelli diversi.

 

TC: Bene, grazie. Il secondo libro selezionato dalla Prof.ssa Chiara Saraceno e di Thomas Mann dal titolo “I Buddenbrook”, pubblicato nel 1901.

 

CS: Sì, questo è stato il primo romanzo di Thomas Mann. Ha scritto questo libro, diventato un capolavoro della letteratura mondiale, quando aveva soltanto 26 anni. È una storia familiare per eccellenza, in quanto narra di quattro generazioni di una famiglia, i Buddenbrook, che sono una grande famiglia borghese di Lubecca, paragonabile all’aristocrazia di altri tempi in quanto a prestigio, ricchezza e potere decisionale nella città. Quattro generazioni in cui questa famiglia si sgretola lentamente nel passaggio generazionale sia dal punto di vista patrimoniale che familiare, in quanto all’interno di questa famiglia sono presenti tutte le possibili tensioni, tra fratelli per l’accesso all’eredità o per comportamenti che mettono a rischio le fortune familiari.

Interessante è che questo intreccio narra un tipico caso di interconnessione tra famiglia e società borghese, e quindi anche tra famiglia e impresa, per cui le decisioni familiari sono anche decisioni che hanno un impatto sulle imprese familiari. Le strategie matrimoniali non riguardano il volersi bene: i matrimoni devono essere pensati non solo in termini di patrimoni che vengono messi assieme o di doti che intaccano il patrimonio ma insieme dimostrano lo status della famiglia della sposa e garantiscono a questa un matrimonio adeguato, ma anche in termini di alleanze e stabilizzazione sociale ed economica.

È interessante notare che anche nei momenti più di maggior fortuna della storia familiare ci sono sempre delle tensioni sotterranee: tra il capostipite e il figlio maggiore che poi viene successivamente emarginato, tra questi e il fratello Thomas che succederà al padre, tra Thomas e la sorella Tony, con le sue avventure sentimentali e matrimoni sbagliati. Una potenziale tensione si adombra anche nell’ultima generazione, dove il giovane Hanno non corrisponde alle aspettative del padre e fatica a inserirsi nei progetti che questi ha per lui. È sempre presente un unico destino: chi non segue il filo “coerente” dato sia dalla società che dalla famiglia, finisce ai margini di entrambe.

 

TC: Quindi si potrebbe dire che nelle vicende plurigenerazionali dei Buddenbrook abbiamo vicende sia familiari che economiche strettamente intrecciate: le scelte familiari e le scelte economico–imprenditoriali sono interdipendenti?

 

CS: Assolutamente sì, motivo per cui bisogna sposare la donna giusta o – come nel caso di Tony, l'unica figlia, bisogna sposare l’uomo giusto: non solo perché se si “sbaglia” si perde la dote, e quindi ci si impoverisce, ma anche perché ci si squalifica oltre che come persona, anche come famiglia.

 

TC: Ci potrebbe gentilmente spiegare la figura di Tony?

 

CS: Certamente: Tony è per certi versi una figura tragica, perché è l’unica figura femminile “disegnata” a tutto tondo, anche se, per certi versi lo è anche Gerda, ovvero l’ultima moglie nella quarta generazione, che poi rimane vedova dell’ultimo Buddenbrook. Tony è l’unica che tenta di condurre la propria vita, si innamora di una persona socialmente sbagliata e fugge con lui, ma poi viene recuperata dal fratello. Si innamora di nuovo di un uomo che sembra essere quello giusto e socialmente che viene approvato dalla famiglia, ma che poi si scopre essere un imbroglione. Tony tenta continuamente di fare la propria vita. ma non riesce a stare completamente dentro al corso degli eventi. Allo stesso tempo è colei che più di tutti patisce il declino della famiglia, di cui vede la massima esemplificazione nella vendita della casa, simbolo della continuità intergenerazionale. È proprio Tony che si oppone fino in fondo, perché la casa era il simbolo di tutto ciò che, secondo lei, era la famiglia Buddenbrook: perdere la casa era come perdere lo status sia familiare che economico, anche se in effetti, pur in declino come impresa e come notabili, i Buddenbrook continuano a mantenere il proprio benessere.

 

TC: Grazie, passiamo al terzo libro scelto dalla Prof.ssa, scritto da Frank McCourt dal titolo “Le ceneri di Angela”.

 

CS: Qui siamo agli antipodi dei Buddenbrook, non solo perché siamo quasi un secolo dopo – cioè tra gli anni ‘30 e gli anni ‘50, periodo successivo alla Grande Depressione americana – ma anche perché in questo caso non si parla di una ricca famiglia borghese di Lubecca, bensì di una poverissima famiglia irlandese immigrata a New York in cerca di fortuna, che incappa nella crisi americana, e tornando in Irlanda si impoverisce sempre di più. È un ritratto tipico, quasi stereotipico, di una famiglia povera irlandese: con la figura del padre ubriacone che abbandona la famiglia e con una madre che mette al mondo un figlio dopo l’altro, la maggior parte dei quali muore giovanissima, in quanto la contraccezione non è pensabile in un paese e per una donna cattolica.

È la storia autobiografica in cui McCourt racconta la propria infanzia di poverissimo ragazzo, che spesso vive di carità e che aiuta a provvedere alla propria famiglia, che deve badare ai propri fratelli fin da piccolissimo in quanto la madre è impegnata a lavorare. Ci troviamo in una realtà in cui sono presenti sia tensioni interne alla famiglia che tensioni culturali, anche a causa della forte presenza della chiesa cattolico nella società.

 

TC: Sicuramente la povertà ha un'influenza forte sulla situazione familiare. Ma qual è il ruolo della Chiesa cattolica in questo contesto?

 

CS: Il ruolo della Chiesa cattolica emerge su due livelli, tenendo conto che stiamo parlando dell’Irlanda, luogo di cui poi abbiamo saputo cose terribili fatte dalla Chiesa, anche se in questa storia non emergono (come ad esempio l’incarcerazione delle donne nubili rimaste incinte).

In primo luogo la Chiesa appare come una fonte inflessibile di precetti relativamente alla sessualità e al concepimento. Non c’è nulla che la madre di Frank possa fare per non avere tutti i figli che arrivano, nonostante la miseria che ne predestina la maggior parte ad una morte precoce. Allo stesso tempo la Chiesa non aiuta, trattando la madre da accattona, condannandola in quanto incapace di rendere la sua famiglia rispettabile. Lo stesso fa il, cattolicissimo, contesto sociale di riferimento, composto da vicini e parenti che giudicano costantemente in modo malevolo sia lei che la sua famiglia. Ne emerge un’atmosfera pesante, da cui Frank uscirà in maniera autonoma. L’unica esperienza positiva che questo ragazzo fa, è quando si ammala gravemente e, ricoverato in ospedale, per la prima volta riesce a mangiare tutti i giorni, leggere e quindi porre le basi per colui che poi sarebbe diventato una volta tornato negli Stati Uniti, abbandonando definitivamente l’Irlanda (non prima di aver aiutato i suoi fratelli).

 

TC: Grazie, possiamo passare quindi al quarto libro: qui cambiamo totalmente contesto e anche periodo storico di riferimento. Questo libro è scritto da Anne Tyler e reca il titolo “La figlia perfetta”, ci può descrivere il contenuto?

 

CS: Devo premettere che adoro Anne Tyler come scrittrice, tutti i suoi libri sono bellissimi in quanto parlano della vita quotidiana, ma la illuminano con un’acutezza che ci può far vedere cose che normalmente non vediamo.

Questo particolare libro è abbastanza anomalo nel panorama di quelli che lei scrive: tratta di due adozioni, entrambe internazionali, fatte da due famiglie, di cui una è Wasp, cioè̀ americana, bianca, protestante, anglosassone, liberal, mentre l'altra è una famiglia di immigrati indiani.

Entrambe queste famiglie però, ricevono in adozione lo stesso giorno dalla Corea due bambine. In seguito a questo incontro fortuito in un momento cruciale della loro vita familiare– per iniziativa della famiglia Wasp – le due coppie di genitori costruiscono una sorta di parentela, coinvolgendo anche i rispettivi nonni adottivi, creando riti e feste per celebrare l’anniversario dell’arrivo delle bambine. Viene affrontato il tema dell’interculturalità che le due coppie sperimentano in modo differente. La famiglia americana – che ha un comportamento molto politically correct – vuole che la bambina non perda le radici con la cultura d’origine, quindi ne riafferma l’esistenza tramite la preparazione del cibo e il modo in cui veste la bambina in queste celebrazioni rituali. Ma cosa significa la cultura d’origine di una neonata? Cioè quanto l’appartenenza etnico–somatica è anche un’appartenenza culturale? La coppia indiana invece è attratta dalla possibilità di integrazione nella società americana offerta dal rapporto con l’altra coppia, senza preoccuparsi di ribadire la propria “etnicità” e tanto meno quella della bambina, sotto lo sguardo insieme distaccato e ironico della nonna.

 

TC: Quindi l'atteggiamento delle due famiglie rispetto alla cultura originaria della bambina adottiva è diverso?

 

CS: Tutte e due le famiglie, per iniziativa di quella americana, fanno tutti gli anni una festa ricordando l’arrivo delle due bambine, ma mentre la famiglia Wasp incoraggia la bambina a ricollegarsi alla tradizione e alla cultura coreana, la famiglia indiana, che è essa stessa in un percorso di integrazione nella società americana – e nello specifico nella costa orientale degli Stati Uniti, zona in cui le famiglie protestanti sono particolarmente radicate – non sente il bisogno di dire continuamente alla figlia che deve mantenere alcune caratteristiche della cultura di origine.

Un aspetto interessante è che le figlie hanno reazioni opposte, cioè la figlia più curiosa dell’identità coreana è quella della famiglia indiana, mentre l’altra non è particolarmente interessata.

È anche curioso come i parenti, i nonni in particolare, vengono coinvolti nella rete di relazioni che viene così intessuta: la nonna indiana è la più ambivalente rispetto a questi tentativi, è quella che tenta di mantenere di più una propria diversità e una propria autonomia.

È un libro anche molto commovente, che ci mostra cosa vuol dire l’adozione – sia in generale che internazionale nello specifico – e anche in che modo la si può fare, narrando questo tentativo di essere tutti insieme genitori adottivi.

 

TC: Quindi questo libro potrebbe sintetizzare le diverse strategie utilizzabili dalle persone per creare legami partendo dall'adozione, visto che le diverse famiglie utilizzano metodi differenti sia per creare legami con la bambina, che per mantenere saldo il rapporto tra la figlia e la cultura di origine. Ma esistono anche altre persone all'interno del libro che assumono atteggiamenti diversi?

 

CS: Direi soprattutto che questo libro, se volessimo prendere spunto quello di Remotti vitato prima, mostra che non esistono solo legami di sangue, ma neppure di alleanza quando si parla di famiglia. La storia dell’adozione ne è una esemplificazione, in quanto l’adozione è la negazione della consanguineità come fonte della filiazione, perché si diventa legalmente figlio di qualcun altro. La cosa interessante di questo libro è che va addirittura oltre: abbiamo un tentativo di allargare questa dinamica, facendo diventare le due bambine quasi imparentate tra loro, per via della storia comune di adozione e della voglia dei genitori di mantenere in vita i legami. Ad un certo punto addirittura la nonna indiana e il nonno americano – che era rimasto vedovo – iniziano un rapporto sentimentale con grande gioia e incoraggiamento da parte delle rispettive famiglie.  È interessante notare che la nonna indiana si ritira da questo rapporto, perché è l’uomo americano che ha delle aspettative molto tradizionali nei suoi confronti. Il finale, a suo modo commovente apre ad un’altra possibilità di mantenere una relazione senza esserne fagocitati: la nonna indiana, che aveva rinunciato ad essere parte dell’annuale festa dell’arrivo perché non lo sentiva propria, vede arrivare sotto casa sua la famiglia americana, nonno incluso, che vuole chiederle scusa dell’eccesso di intrusione e allo stesso tempo desidera che anche lei continui a fare parte della rete di relazioni costruita nel tempo, con i suoi tempi e modi.

È una bella storia di amicizia, dove sullo sfondo abbiamo il tema dell’adozione interpretato in maniera diversa da entrambe le famiglie. Una bella storia, complicata ma bella.

 

TC: Quindi, notiamo sicuramente nuove forme di legami che si instaurano all’interno della famiglia, il che introduce anche l’ultimo libro da lei scelto, scritto da Melania Mazzucco, dal titolo “Sei come sei”. Questo è sicuramente un esempio di nuovi legami che rispecchiano le diversità della società moderna.

 

CS: Sicuramente l’adozione non è una nuova realtà nella nostra società, così come non lo è nella storia, in quanto tutte le società prevedono forme di adozione che rispondono a bisogni diversi.

Nel nostro paese la storia delle motivazioni ritenute legittime per l’adozione sono cambiate nel tempo. Quando io ero piccola la motivazione era “il non avere figli”: bastava questo per poter adottare. Oggi invece non occorre dimostrare di essere sterili, ma soprattutto – ed è questa la grande innovazione culturale – l’adozione parte dal benessere del bambino e non dal bisogno di benessere degli adulti, rovesciando così il soggetto principale: è il bambino che viene messo al centro.

È apparentemente lo stesso istituto, cioè quello dell’adozione, ma cambia nettamente: questo è un fatto da ricordare quando si parla di famiglia, cioè che non cambiano solo gli istituti, ma anche i contenuti che li contraddistinguono. Un altro esempio può essere il matrimonio.

Per lungo tempo ci si è basati su criteri diversi per definire un “buon matrimonio”, a seconda dello status sociale, anche se il criterio ultimo era quello della convenienza; addirittura il matrimonio per amore era considerato rischioso, in quanto l’amore è un qualcosa che emerge ma che può anche dissolversi, e soprattutto può provocare dei cattivi matrimoni dal punto di vista sociale ed economico. Tutto questo ci sembra strano nella società di oggi, al punto che condanniamo i luoghi in cui esistono ancora matrimoni combinati, che invece erano spesso la norma anche nel nostro mondo.

Arrivando al libro di Melania Mazzucco: rispetto a quelle che abbiamo finora raccontato, questa è la storia della famiglia più diversa possibile anche dal punto di vista della forma, ed è, almeno nel nostro paese, la tipologia di famiglia che ancora non è considerata totalmente tale: è la storia di una ragazzina di nome Eva che è figlia effettivamente di due padri, ma biologicamente e legalmente di uno solo.

È una bambina che ha avuto un’infanzia felicissima con questi due padri: uno è professore universitario e l’altro è un’artista, il primo è stato sposato, scoprendo più tardi la propria omosessualità.

Accade che il padre biologico muore in un incidente stradale, e la famiglia di quest’ultimo – borghese, colta ed emancipata – che aveva accettato la situazione, in seguito alla morte, lentamente sottrae di fatto la bambina all’altro padre, con la scusa che quest’uomo non ha uno status economico certo, oltre a non avere nessun status paterno legale. La bambina va a vivere con la famiglia del fratello del padre biologico che vive in un’altra città. Di fronte alle difficoltà nel gestire la situazione il padre progressivamente si allontana fino a sparire. La bambina, rimasta orfana di un padre, crede di essere stata abbandonata anche dall’altro, subendo anche del bullismo da parte dei compagni della nuova scuola nella quale si è trasferita.

Il focus della vicenda è relativo ad un incidente nella metropolitana di Milano. Eva crede di aver ucciso un compagno che ha spinto – involontariamente e in reazione ad un ennesimo atto di bullismo del gruppo –sotto i binari e per la paura fugge alla ricerca del padre perduto. Inizia così la storia di questo viaggio, che è anche un viaggio di crescita, che mostra l’assurdità di una situazione in cui un bambino viene trasformato in un orfano anche se ha effettivamente un genitore, cui vengono negati diritti e responsabilità non solo o tanto perché non ha legami biologici (come nell’adozione), ma perché non appartiene al sesso atteso.

 

TC: I due padri come si comportano nei confronti della figlia per quanto riguarda i contatti con la madre biologica?

 

CS: Per averla si erano rivolti a due donne (la donatrice di ovuli e la gestante) in un paese della zona dell’Asia. La figlia aveva più volte chiesto ai padri di poter conoscere le donne che avevano contribuito alla sua nascita, ma i padri rispondevano sempre che l’avrebbero portata a conoscere le proprie origini ma non la gestante, né colei che aveva donato l’ovulo.

Questo passaggio è stato quello più criticato del libro della Mazzucco da parte delle associazioni delle famiglie arcobaleno – ovvero le coppie che sono formate da persone dello stesso sesso e che hanno figli in comune – in quanto nelle famiglie arcobaleno oggi la norma è quella di mantenere rapporti con la donna gestante e spesso anche con la donatrice dell’ovulo. C’è quindi l’idea che occorra consentire al bambino di conoscere le proprie origini e avere un rapporto con chi gli/le ha permesso di venire al mondo, a differenza di quanto spesso accade nelle coppie eterosessuali, che più facilmente possono comportarsi con il bambino/a e con il proprio intorno sociale come se non ci fosse stato l’intervento di terze persone.  

 

TC: Sicuramente la descrizione che abbiamo fatto del concetto di famiglia attraverso i libri da lei selezionati è molto attuale, perché́ rappresenta non solo l'evoluzione del concetto, ma anche le nuove forme di relazioni che esistono oggi nella nostra società. Tuttavia, seppur il concetto di famiglia risulti alquanto variegato, sicuramente abbiamo – come ha giustamente descritto anche attraverso i libri scelti – un problema legato alla regolamentazione della famiglia, ed è qui che voglio collegarmi con la domanda: come ho ricordato all’inizio, lei ha recentemente scritto un libro sulle policy legate alla famiglia, ma a che punto siamo, dal punto di vista della regolamentazione, per le nuove forme di famiglia che esistono oggi?

 

CS: In Italia abbastanza indietro. Si è arrivati molto faticosamente a regolamentare e a riconoscere uno statuto legale alle coppie dello stesso sesso, ma rimane uno statuto che è diverso da quello del matrimonio: di fatto hanno gli stessi diritti e doveri, però il Legislatore si è per così dire ‘incaponito’ a non chiamarlo matrimonio, bensì unione civile, e a non riconoscere a queste coppie lo statuto di famiglia. Ne porta in parte la responsabilità anche l’attuale Presidente della Repubblica, che era allora giudice della Corte Costituzionale, che disse che la parola “famiglia” doveva essere applicata soltanto a quella “naturale”.

Manca, inoltre, un diritto fondamentale, cioè quello della filiazione. Il Legislatore ha anche negato a queste coppie l’adozione, e la possibilità di adottare reciprocamente i figli del compagno/a. Una delle conseguenze, accanto al disconoscimento del diritto dei bambini ad avere legalmente entrambi i genitori che li hanno voluti, è l’accumularsi di ricorsi ai tribunali da parte di coppie che hanno ottenuto il riconoscimento di co-genitorialità in altri paesi e cercano. Co varia fortuna, di ottenerlo anche in Italia. Ricordo che in Europa molti paesi riconoscono la cogenitorialità alle coppie dello stesso sesso via adozione o, nel caso di coppie lesbiche, anche via ricorso alla riproduzione assistita. Sono meno numerosi, ma in aumento, i paesi che ammettono la gestazione per altri – sia per le coppie gay sia per quelle eterosessuali -  che invece è ammessa in molti paesi extraeuropei, sia solo nella forma “altruistica”, non mercantile, sia anche nella forma mercantile.  La gestazione per altri rimane un tema controverso anche all’intero delle associazioni femministe e di alcune associazioni LGBT.

Dentro l’Unione Europea, ciò che è riconosciuto come famiglia in un dato paese può essere riconosciuto anche in un altro, mentre invece, per quanto riguarda la filiazione delle coppie dello stesso sesso, questo non avviene, per cui a persone che hanno il certificato di genitorialità di un paese può venire a mancare la sua trascrizione in Italia, o essere ritirata. È quanto è successo a Torino dove, per decisione dell’allora Sindaca, l’anagrafe aveva iniziato a trascrivere automaticamente il certificato di nascita con l’indicazione di entrambi i genitori ottenuto all’estero, in modo da dare sicurezza sia al bambino che ai due genitori. Ma qualche mese fa questa decisione è stata impugnata dal prefetto e decine di bambini si sono trovati orfani legali di un genitore da un giorno all’altro. 

Il ricorso ai tribunali non garantisce sicurezza, in quanto i giudici hanno pareri discordanti sul da farsi. C’è però da considerare una sentenza della Corte Costituzionale che parla di “prioritario diritto del bambino alla propria identità”. Ma, come tutte le sentenze della Corte, finché non viene trovata una soluzione giuridica si rimane al punto di partenza.

Un altro problema è relativo al diverso riconoscimento della maternità e della paternità: mentre un uomo può riconoscere come proprio un figlio se dimostra l’affinità biologica, anche se la sua partecipazione alla procreazione si è limitata alla fornitura del seme. non è detto che per la maternità avvenga lo stesso, anzi. Se chi fornisce l’ovulo non è anche la partoriente può vedersi negato lo statuto di madre. È un caso successo sempre a Torino, dove una bambina era nata da una donna che aveva portato a termine la gestazione, ma era stata concepita con l’ovulo della compagna: un escamotage che la coppia aveva trovato per realizzare fino in fondo la co-genitorialità. In base al principio che la madre è una sola e si identifica con la gestante, alla madre biologica non è stato riconosciuto lo status legale di (co-)madre.  

 

TC: Quindi, concludendo, dal punto di vista della regolamentazione in Italia siamo indietro, ma anche a livello europeo c’è ampio margine di miglioramento?

 

CS: Sì, il problema è che l’Unione Europea non può entrare nella legislazione sulla famiglia a livello nazionale. Il passo avanti è stato che, soprattutto ai fini di regolazione delle migrazioni e dei ricongiungimenti familiari, l’Unione Europea ha adottato una definizione di famiglia molto flessibile, anche se non sempre i vari paesi applicano questa definizione.

L’UE ha inoltre specificato che a chi si muove da un paese all’altro deve essere garantito lo statuto legale più prossimo a quello detenuto nel paese di provenienza. Se una coppia dello stesso sesso si è sposata a tutti gli effetti, ad esempio, in Spagna, in Italia ha il diritto di vedersi riconosciuto lo statuto di Unione civile.

Non è secondario quale statuto legale venga riconosciuto, poiché, ad esempio, c’è un problema legato al tema dell’eredità, in quanto i figli legalmente mancanti di un padre o madre non possono essere considerati automaticamente eredi di questi e dei nonni che hanno tramite loro, almeno per la quota legittima. C’è un problema anche relativo al congedo di maternità: proprio sul giornale qualche giorno fa era uscito un articolo relativo ad una donna che aveva chiesto il congedo di maternità che non le era stato riconosciuto, in quanto all’interno della coppia non era lei la gestante. Non le era stato neanche concesso quello di paternità, in quanto non uomo. Non solo dunque si tolgono diritti agli adulti, ma si privano i bambini di “beni” che potrebbero essere a disposizione. Non è quindi secondario normare, regolamentare, chi è incluso e chi è escluso.

 

TC: La ringrazio molto per questa presentazione e di questa discussione finale sulla situazione legislativa e di regolamentazione dell’istituto della famiglia, grazie per essere stata con noi e per aver presentato in modo completo e critico i cinque libri da lei scelti.

 

CS: Grazie a voi.