Elaborazione grafica a tema del progetto
23/09/2025
Ricerca e innovazione

Un “orecchio artificiale” frutto della ricerca al Politecnico

Dall’osservazione della natura possono nascere​ nuove tecnologie: ispirandosi alla coclea, l’organo dell’orecchio interno che non si limita a trasmettere i suoni ma li analizza per permettere al cervello di interpretarli, il gruppo di ricerca Nemo – Non linear Elasticity and Metamaterials del Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia-DISAT del Politecnico ha sviluppato un dispositivo capace di riconoscere la voce in maniera efficiente e con un consumo energetico ridotto.

Il risultato è stato recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Advanced Intelligent Systems, in un articolo a firma dei ricercatori e docenti del Politecnico Paolo H. Beoletto, Carlo Ricciardi, Federico Bosia, Antonio S. Gliozzi, insieme a Gianluca Milano dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica-INRiM.

Il dispositivo, realizzato con un metamateriale a spirale stampata in 3D, funziona come un vero e proprio “orecchio artificiale”: non si limita a registrare i suoni, ma li elabora direttamente, trasformandoli in mappe chiamate “tonogrammi”. In questo modo è in grado di distinguere le diverse parole con un’accuratezza paragonabile ai metodi digitali tradizionali, ma con un dispendio energetico molto minore.

Questa innovazione apre nuove prospettive per dispositivi portatili, assistenti vocali e intelligenza artificiale “on the edge”, che devono funzionare a lungo con batterie di piccole dimensioni, ma anche per aumentare l’autonomia degli impianti cocleari, che devono essere costantemente ricaricati.

“Nel nostro gruppo crediamo che ispirarsi alla natura sia fondamentale per sviluppare nuove tecnologie e materiali intelligenti: i sistemi biologici sono ottimizzati da miliardi di anni di evoluzione, per questo sono così performanti – spiega Paolo Han Beoletto, primo autore dello studio - La coclea, ad esempio, non è un semplice sensore, ma un processore naturale del suono, capace di estrarre le informazioni rilevanti prima ancora che arrivino al cervello. Riprodurre questa funzione con materiali artificiali significa ridurre i calcoli digitali necessari e quindi il consumo energetico delle tecnologie di riconoscimento vocale. È un passo importante se vogliamo un futuro in cui miliardi di dispositivi connessi possano interagire con noi senza pesare sull’ambiente”.