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10/03/2023
Ricerca e innovazione

Silvia Bodoardo tra le 20 scienziate che hanno rivoluzionato il mondo della ricerca

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Silvia Bodoardo, Professoressa Ordinaria al Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia (DISAT) e Membro Centro Interdipartimentale Ec-L - Energy Center Lab

“L’Italia non è un paese per scienziate”: questa è la premessa dell’articolo pubblicato da Wired Italia il 7 marzo scorso, un invito a riflettere, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, sulla disparità di genere nelle materie STEM (science, technology, engineering, mathematics). Citando i dati Istat raccolti nel report Livelli di istruzione e ritorni occupazionali riferito all'anno 2021, l’articolo riporta come in media il 24% delle persone italiane laureate tra i 25 e i 34 anni abbiano conseguito una laurea in una materia STEM, e di questa percentuale solo il 17,6% siano donne e il 33,7% uomini. Un dato importante, se si considera che, secondo il rapporto pubblicato il 25 ottobre 2022, il divario occupazionale tra donne e uomini raggiunge il suo massimo nelle aree di impiego delle materie STEM, come nell'area delle scienze e della matematica, dove l'occupazione femminile è inferiore di 8 punti percentuali rispetto a quella maschile, o nelle aree dell’Ingegneria, informatica e architettura, dove raggiunge addirittura i nove punti percentuali.

Occorrono quindi figure che ci aiutino a ribaltare quest’immagine, ancora fortemente radicata nell’immaginario collettivo, delle professioni scientifiche, professioni che risultano oggi soggette a stereotipi e false narrazioni.

La professoressa Silvia Bodoardo è una di queste: a capo dell’Electrochemistry Group@Polito, si occupa da anni dello studio di materiali per la realizzazione delle batterie Li-ione e post Li-ione, della produzione di celle e test per le batterie. Ha inoltre lavorato all'avvio del master europeo sull'Energy Storage ed è a capo delle attività di formazione delle iniziative dell'Unione europea Battery2030+.

L’abbiamo intervistata, per conoscere il suo punto di vista sull’argomento e riflettere, insieme a lei, sul futuro delle donne nel mondo della ricerca.

Come ha interpretato questo importante riconoscimento alla luce della sua attività di ricerca e del ruolo che rappresenta per le giovani donne che lavorano nel suo gruppo?

Ho accolto con molta emozione la notizia: come donna, in tutta sincerità, non mi aspettavo un simile riconoscimento, ma spero che questo risultato possa fare ulteriormente da traino al nostro gruppo di lavoro e, soprattutto, alle nostre magnifiche ricercatrici. Le nostre ricerche hanno raggiunto negli ultimi anni grande visibilità all’interno del mondo scientifico, grazie, in particolare, alle attività che stiamo svolgendo in Europa. Un’Europa che sempre di più richiede ai gruppi come il nostro un eguale numero di donne e uomini tra ricercatori e ricercatrici coinvolti/e. Un requisito, questo, che quando ho cominciato io non sembrava raggiungibile.

Ritiene che qualcosa stia cambiando nell’approccio femminile alle discipline STEM? Si può osservare, a suo avviso, qualche tendenza positiva in atto?

Qualcosa sì, sta cambiando. Il numero di donne tra i laureati nelle materie scientifiche sta aumentando, e anzi, le donne si laureano mediamente prima, e meglio. Tuttavia, e questo a mio avviso è il punto più importante su cui riflettere, a parità di riconoscimenti accademici poche donne riescono a fare carriera e a raggiungere i vertici. Un problema che secondo me va rintracciato anche nell’organizzazione e suddivisione dei compiti familiari e di cura, incarichi, questi, ancora fortemente legati alla figura femminile. È necessaria quindi un’analisi profonda del sistema sociale in cui viviamo e l’adozione di strumenti in grado di scardinare questo sistema, di rompere il soffitto di cristallo in cui siamo rinchiusi e raggiungere la piena parità di diritti tra donne e uomini.

Come si possono, secondo lei, abbattere gli stereotipi di genere ancora presenti nella coscienza collettiva, in particolare riguardo alle opportunità di successo delle donne in ambiti tradizionalmente maschili, come quello della ricerca scientifica?

Credo che semplicemente ciascuno e ciascuna di noi debba seguire le proprie aspirazioni per essere sereno/a. Non ho consigli pratici da suggerire, ma vorrei fare un esempio che mi ha portata a riflettere con sguardo lucido sulla percezione che le donne hanno delle possibilità concesse loro: ieri ho partecipato ad un convegno, qui in Ateneo, organizzato in occasione della Giornata Internazionale della Donna. Ho ascoltato numerose testimonianze di donne che raccontavano come, per una donna che aspiri a fare carriera nel mondo accademico, e non solo, sia necessario impegnarsi tanto, sacrificare molto. Ascoltandole mi sono chiesta: ma un uomo, nella medesima posizione, direbbe lo stesso?