Salto quantico nella metrologia: i memristor come nuovo standard per la resistenza elettrica
Tracciare la resistenza elettrica è fondamentale per garantire la precisione e l’affidabilità delle misure elettriche in tutto il mondo. Dal 2019, le unità di misura del Sistema Internazionale (SI) non sono più basate su campione standard (chilogrammo, metro…), ma sono ricavate da costanti universali come la velocità della luce. Per la resistenza elettrica si fa quindi riferimento alla conduttanza elettrica – che misura la capacità di un materiale di condurre elettricità – quantizzata (G₀) – combinazione della costante di Planck (h) e della carica elementare (e) – misurata tipicamente grazie all’effetto Hall quantistico, una tecnica che fornisce valori precisi e riproducibili ma che richiede costosi sistemi criogenici e campi magnetici di grande intensità disponibili in pochi istituti nazionali di metrologia (NMI).
Lo studio "Quantum resistance memristor for International System of Units intrinsically traceable standard”, co-firmato da un gruppo di ricercatori del Politecnico insieme ai più importanti centri metrologici europei e pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista Nature Nanotechnology, introduce un nuovo standard per la tracciabilità della resistenza elettrica, i memristor, dispositivi nanometrici in grado di modificare la propria conducibilità in base agli stimoli esterni. Si tratta di una scoperta innovativa: i memristor possono infatti fornire valori di resistenza stabili e intrinsecamente correlati con le costanti fondamentali della natura, con la possibilità di programmare la resistenza modificando i nanofilamenti di argento che li caratterizzano.
Tali modifiche possono essere regolate a livello atomico anche a temperatura ambiente, generando così salti quantici – concetti fondamentali della meccanica quantistica riferiti al fenomeno per cui un sistema quantistico passa da un livello di energia a un altro in modo discontinuo, cioè senza attraversare gli stati intermedi, come accade per un elettrone in un atomo – discreti, corrispondenti a G0 (o multipli) che possono essere misurati con sistemi di lettura convenzionali. Questo approccio apre la strada al concetto di “NMI-on-a-chip”, ovvero la possibilità di integrare a livello di microchip le funzioni di un intero istituto nazionale di metrologia.
In futuro, i dispositivi di misura elettrica come i multimetri – tra gli strumenti più usati nel settore per misurare più grandezze elettriche – potrebbero così disporre di un memristor come riferimento per autocalibrarsi, cioè per regolare automaticamente i propri parametri di misura o funzionamento così da mantenere la precisione e la correttezza dei risultati senza intervento umano esterno. Questo consentirà, nel futuro, l’utilizzo di procedure di calibrazione semplificate in ambito industriale, e nei settori dove la portabilità della misura calibrata è una necessità.
"I risultati ottenuti e pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Nanotechnology sono il frutto del progetto europeo MEMQuD, dove la ricerca fondamentale di istituzioni accademiche come il Politecnico di Torino e il Forschungszentrum Jülich sul fenomeno di "electrochemical polishing" (grazie al quale si possono "limare" i nanofilamenti a livello atomico) è stata accoppiata al rigore metodologico degli istituti metrologici nazionali di Italia, Turchia, Spagna, Portogallo e Germania”, commentano i co-autori dello studio Carlo Ricciardi e Fabio Michieletti, rispettivamente docente e ricercatore post-doc presso il Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia-DISAT e componenti del NaMeS group di Ateneo.