Nuova vita per il patrimonio religioso nelle aree rurali europee

Parola d’ordine: condividere. Per agire meglio sul territorio, creare valore sociale ed economico, conservare e valorizzare in modo attento il patrimonio artistico locale. È lo spirito di REliHE (Religious Heritage in Rural Areas), progetto Interreg Europe iniziato da un anno circa, con il coordinamento e la consulenza del Politecnico di Torino, e il coinvolgimento di specifiche aree rurali di sei paesi europei. Chi partecipa a REliHE mette quindi in comune buone pratiche di valorizzazione del patrimonio religioso rurale e, in questo modo, acquisisce nuove competenze e accresce la propria capacità di intervento. Il progetto è in corso, ma è già un esempio da seguire.
Chiara Maria Lucia Occelli, docente presso il Dipartimento di Architettura e Design-DAD, spiega: “Il patrimonio di edifici religiosi è una parte vitale del paesaggio rurale europeo che, però, spesso è sottoutilizzato se non abbandonato e in rovina. Eppure, in Europa ci sono pratiche di gestione e valorizzazione intraprese che riguardano solo alcune aree: farle conoscere e condividerle, può essere la strada giusta per riutilizzare siti che hanno un significato importante non solo storico e artistico, ma anche sociale e culturale oltre che economico”.
La valorizzazione del patrimonio religioso è profondamente legata proprio alla memoria collettiva e al tessuto culturale del territorio. La memoria collettiva, in particolare, può fare da guida nella definizione di nuove soluzioni, che vadano oltre al singolo edificio. Un approccio sistemico richiede una governance attenta e su più livelli, spesso coordinata da soggetti sovralocali. I problemi da affrontare sono quindi molteplici: non solo di gestione, ma prima ancora di proprietà, restauro e mancanza di idee di riutilizzo sostenibile, oltre che di conservazione.
Tema importante, quindi, quello del rilancio del patrimonio religioso nelle aree rurali europee che REliHE affronta raccogliendo e facendo condividere ai partner le diverse iniziative già in essere e stimolando nuove idee.
Ad essere coinvolto un partenariato che comprende la Provincia di Overijssel (Paesi Bassi), la Provincia di Saragozza (Spagna), il Voivodato di Kujawsko-Pomorskie (Polonia), l’Alto Palatinato (Germania), la Boemia meridionale (Repubblica Ceca) e lo Zemgale (Lettonia). Tre i sotto-obiettivi da raggiungere attraverso la condivisione: lo sviluppo di nuovi approcci per il riutilizzo strategico, il miglioramento della governance del patrimonio nei singoli territori, la diffusione di un atteggiamento che favorisca il cambiamento strutturale. Arrivando, in pratica, a integrare la valorizzazione del patrimonio religioso all’interno delle più ampie strategie di sviluppo locale.
Irene Ruiz Bazan, ricercatrice presso il DAD, sottolinea il valore fondamentale del metodo usato: “L’innovazione di Interreg ancora oggi valida che si applica benissimo a REliHE è la capacity building, cioè la capacità di costruire una cultura nuova mettendo in comune conoscenze e politiche di più territori. L’idea forte è che tutti i partecipanti siano ispirati reciprocamente dalle buone pratiche. Ogni paese ha politiche particolari per questi patrimoni che può trovare valorizzazione anche in altre aree”. Un punto cruciale – quello dello sviluppo locale – che travalica anche le diversità dal punto di vista religioso dei Paesi partner.
Sul ruolo dell’Ateneo e sulle peculiarità di REliHE interviene anche Isabel Soria de Irisarri, referente tecnico del progetto per la Provincia di Saragozza: “Con REliHE stiamo concentrando i nostri sforzi su alcune criticità territoriali rilevanti, come l’abbandono diffuso e la perdita d’uso degli edifici religiosi, che necessitano di strategie di riuso e co-funzionalizzazione sostenibile. Nonostante i forti investimenti in patrimonio che la Provincia realizza da più di quaranta anni, la perdita di popolazione e la diminuzione delle vocazioni religiose hanno reso molti siti inutilizzati, stimolando la necessità di nuovi modelli. A questo si aggiungono complesse situazioni di proprietà e vincoli normativi, che richiedono partenariati pubblico-privati forti per garantire una conservazione sostenibile che la entità spera di migliorare con la sua partecipazione nel progetto”. Soria evidenzia quindi la grande utilità dell’Ateneo nel progetto, sia a livello di coordinamento che di consulenza: “il Politecnico rappresenta un punto di riferimento essenziale non solo nella definizione degli obiettivi generali del progetto e nella gestione del suo funzionamento, ma offre un supporto concreto a ciascun partner per l’indirizzo strategico e lo sviluppo locale delle azioni previste, adattandole alle politiche e alle specificità territoriali di ogni contesto”.
Tutto è iniziato nell’aprile 2024 e si concluderà a fine giugno 2028, e il progetto è articolato in semestri. Ogni semestre è dedicato ad un tema specifico, attorno al quale si sviluppano confronti, eventi online e visite in loco tra partner, stakeholder, anche esterni al progetto, che possono contribuire validamente al miglioramento delle pratiche adottate.
“Il nostro obiettivo generale è quello non solo di evitare la ruderizzazione del bene, ma anche di conservarlo e restituirlo a nuova vita sotto tutti gli aspetti – fa notare Riccardo Palma, docente presso il DAD – Si tratta di traguardi che possono essere raggiunti con il valido contributo del Politecnico in termini di conoscenze tecniche e scientifiche, oltre che organizzative, che spesso si traducono in strumenti concreti di sviluppo e crescita per il territorio”.