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27/07/2023
Ricerca e innovazione

La scienza della pioggia

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La macchina della pioggia all'interno del laboratorio del Dipartimento di Ingegneria dell'Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture-DIATI

In questo periodo sono aumentate le grandi perturbazioni piovose che allagano strade, case e campi, ma quanto conosciamo la pioggia nel 2023?

La scienza della pioggia, dalla sua formazione al suo impatto sul terreno, è in realtà un campo ancora pieno di interrogativi e a cercare di rispondere ad alcuni di questi c’è la macchina della pioggia di Roberto Bosio e Davide Poggi, rispettivamente dottorando e professore ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria, dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture-DIATI.

Bosio e Poggi hanno costruito all’interno dei laboratori del DIATI una vera e propria torre della pioggia, dal cui tetto diciassettemila aghi da iniezione rilasciano gocce d’acqua. In questo modo si ottiene una pioggia “monodispersa”, ossia con gocce tutte uguali. Per poter simulare però condizioni che vanno dalla pioggerellina al temporale si usano degli schermi, che a seconda della loro configurazione e della loro distanza dagli aghi, infrangono le gocce, generandone di dimensioni diverse in base alla condizione che si vuole riprodurre.

Dopo aver ottenuto una pioggia realistica, misurano volumetricamente quello che scende, grazie a delle vasche di raccolta alla base della torre, quante particelle ci sono per quale diametro con un disdrometro e quanta acqua scende con un pluviometro.

Il progetto è nato come tesi di dottorato di Bosio, con l’obiettivo di studiare come le piogge, mentre cadono, rimuovono il particolato inquinante dall’aria.

La macchina della pioggia può però essere utilizzata per indagare molteplici campi di ricerca: come è fatta la pioggia, la forma delle sue gocce, come può riportare in sospensione alcune particelle (tra cui per esempio i fertilizzanti usati in agricoltura o i patogeni presenti sulle foglie delle piante), come impatta i vari oggetti sul terreno, come interagisce con altri elementi (ad esempio turbine, ali di aeroplano, polline, insetti, particolato), come può erodere o come permea nel terreno e nelle pavimentazioni.

Solitamente il problema di queste macchine che simulano la pioggia è che non sono abbastanza alte. In questo caso, invece, la torre permette alle particelle di avere lo spazio per raggiungere la velocità della pioggia reale e quindi si può studiare come impatta realmente la pioggia su differenti oggetti.

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Modello della torre della pioggia

La struttura della torre

Sul tetto della torre della pioggia i diciassettemila aghi sono disposti su tre tubi a tre differenze altezze. Su quella inferiore, gli aghi hanno dei cappucci cavi per produrre delle gocce più grandi, di quasi 5 mm di diametro, contro i successivi due piani dove i diametri delle gocce sono di quasi 2,5 mm.

A terra c’è un grosso serbatoio di accumulo dove viene raccolta l’acqua, che viene poi filtrata e deionizzata. Un sistema di pompaggio collega questo serbatoio di terra con il serbatoio di carico, il quale permette di regolare la pressione sul modulo di pioggia e quindi di variare l’intensità della pioggia generata. “Le altre macchine della pioggia esistenti, a differenza di questa, hanno difficoltà nel riprodurre basse intensità di pioggia, che sono proprio le classiche pioggerelline che si verificano comunemente a Torino e quindi molto interessanti da studiare. Il nostro sistema invece ci permette di raggiungere un range di intensità piuttosto ampio da 0 a 100-120 mm/h con un'elevata precisione, cioè con incrementi che possono essere anche al di sotto di 1 mm/h. Inoltre grazie alla struttura, all’altezza della torre e alle diverse reti poste sotto agli aghi riusciamo a generare condizioni realistiche di pioggia in diversi scenari” spiega Roberto Bosio.

 

Una macchina della pioggia in cortile

I ricercatori stanno progettando una seconda macchina della pioggia, in scala più grande, da costruire nel cortile interno del laboratorio del DIATI. Il vantaggio sarà che, essendo all’esterno, non ci sarà il problema di riprodurre il particolato, ma per studiare come la pioggia ci interagisce basterà utilizzare quello già sospeso nell’aria della città applicando quanto ottenuto dagli studi nel primo simulatore di pioggia.

Per questo secondo sistema raccoglieranno l’acqua dai tetti degli edifici e dal cortile in una grande vasca sottoterra, di un volume di quasi cinquecento metri cubi, e la convoglieranno verso un sistema di iniettori sul tetto del cortile e puliranno l’aria attraverso la pioggia prodotta. Per ora infatti esistono solo dei cannoni d’acqua per pulire l’aria, ma a causa del ricircolo hanno più che altro l’effetto di inumidire l’area. Inoltre, in un grande spazio aperto è difficile ottenere un’aria pulita, perché viene costantemente sostituita, ma in un cortile interno, come quello del Politecnico in questo caso o nel cortile di un ospedale o di una scuola, si riesce a ottenere aria pulita per un po’ di tempo. In questo modo gli studenti potranno passeggiare all’esterno respirando aria buona. Con la stessa acqua che si userà in questa macchina della pioggia si potranno poi annaffiare le piante e creare un giardino, con l’ulteriore vantaggio di stoccare CO2.

“Inoltre immagazzinare parte della pioggia dal cielo fa anche bene alla città, perché evita che le fogne si riempiano e le strade si allaghino. Se ogni palazzo si tenesse un po’ della sua acqua, per poi usarla per i servizi o per l’agricoltura urbana, ci sarebbero molti meno allagamenti nelle strade” conclude Davide Poggi.