La ceramica innovativa che replica le ossa umane
“Digital light processing stereolithography of hydroxyapatite scaffolds with bone-like architecture, permeability, and mechanical properties” è l’articolo pubblicato sulla rivista The Journal of the American Ceramic Society, che è stato dichiarato vincitore del Ross Coffin Purdy Award 2024, il prestigioso riconoscimento che ogni anno l’American Ceramic Society (ACERS) assegna al miglior articolo nel settore dei materiali ceramici pubblicato su riviste tecnico-scientifiche a diffusione internazionale.
Selezionata come miglior pubblicazione scientifica nel campo dei materiali ceramici e per il prezioso contributo che fornisce alla letteratura tecnica di ceramica, l’articolo è frutto di una collaborazione internazionale tra il Politecnico, l’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM) e l’azienda austriaca Lithoz, eccellenza mondiale nel campo della stampa 3D di materiali ceramici.
Gli autori dell’articolo sono, infatti, i docenti Francesco Baino, Enrica Verné ed Elisa Fiume e la ricercatrice Giulia Magnaterra del Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia-DISAT, Alessandro Schiavi di INRIM, e Luciana-Patricia Tofan e Martin Schwentenwein di Lithoz.
“La ricerca – spiegano i docenti Francesco Baino ed Enrica Verné, membri del gruppo Glasses, ceramics and composites – Glance e coordinatori del lavoro – era finalizzata a mettere a punto un materiale impiantabile poroso, cioè lo scaffold, che riproducesse la microstruttura dell’osso spongioso naturale. Infatti, uno dei criteri solitamente impiegati nella scelta del “design” di un biomateriale affinché, una volta impiantato nell’organismo, possa favorire la rigenerazione del tessuto vivente, è quello del biomimetismo strutturale. A questo proposito, la struttura porosa trabecolare dell’osso spongioso è ben riprodotta dal poliuretano schiumato, usato ad esempio nel campo degli imballaggi. L’obiettivo era appunto ricostruire la struttura di una spugna polimerica per ottenere un modello da utilizzare come file in ingresso al sistema di stampa 3D.”
Gli scaffold sono stati prodotti presso Lithoz da Giulia Magnaterra, tesista in Ingegneria Biomedica, con relatori Francesco Baino ed Enrica Verné, tutor Elisa Fiume e Luciana-Patricia Tofan, utilizzando la tecnica stereolitografica applicata a un inchiostro che contiene delle particelle di idrossiapatite, un fosfato di calcio con composizione uguale alla fase minerale dell’osso.
La stereolitografia applicata ai materiali ceramici prevede la polimerizzazione selettiva, strato per strato seguendo un disegno CAD (cioè elaborato dal computer), di una resina contenente le particelle di idrossiapatite.
Il risultato finale, come si può vedere nell’immagine adiacente (foto dello scaffold), è uno scaffold in idrossiapatite pura che riproduce la microstruttura del disegno CAD di partenza, cioè la spugna che a sua volta è simile all’osso trabecolare.
Ai ricercatori la notizia della vittoria è giunta a metà giugno: una sorpresa che conferma l’eccellente qualità della ricerca svolta presso l’Ateneo e nel gruppo Glance. L’innovazione dell’approccio scientifico e metodologico seguito, il coinvolgimento di autori provenienti sia dal mondo accademico sia dal settore industriale, l’utilizzo di tecnologie “di punta” come la manifattura additiva e il notevole impatto previsto dei risultati della ricerca con prospettive cliniche importanti hanno evidentemente fatto la differenza.