Il Rettore Stefano Corgnati davanti alla sede del Politecnico
27/03/2024
In Ateneo

Il Politecnico propone alle imprese un patto per lo sviluppo

Immagine
Il Rettore Stefano Corgnati

Dialogo con il sistema produttivo. Volontà di crescere insieme. E totale disponibilità a percorrere un cammino comune già iniziato ma che è ancora lungo e complesso. Stefano Corgnati – nuovo rettore del Politecnico Torino appena insediatosi – sceglie di parlare direttamente alle imprese toccando i temi più importanti: l’innovazione tecnologica, la competitività, il cambiamento, l’internazionalizzazione, la formazione, il lavoro.

Nel suo programma è indicato un obiettivo: “Il Politecnico di Torino ricopre e deve sempre più ricoprire un ruolo centrale nel dialogo con le istituzioni di governo e il mondo delle imprese, a beneficio del sistema paese”. Guardiamo alle imprese: quali sono i punti forti nei loro confronti che lei intende sviluppare?

Le imprese ci pongono in modo sempre più deciso la loro domanda di innovazione tecnologica. Il Politecnico deve essere in grado, più di quanto sia già oggi, di rispondere come sistema, non in modo individuale, integrando i saperi dei dipartimenti. Un sistema coordinato, una forte didattica di eccellenza con una ricerca unita alla capacità di trasferire tecnologia e innovazione. Quando agiamo come sistema, siamo una comunità che è un’istituzione formidabile con numeri e capacità per essere un punto di riferimento per il territorio, le istituzioni e il suo sistema produttivo.

Il Politecnico da sempre ha un rapporto importante con il sistema produttivo locale e nazionale. Oggi però didattica e ricerca si intrecciano sempre di più su tre livelli: locale, nazionale e internazionale. L’Ateneo come intende porsi di fronte a questo scenario?

Siamo già riconosciuti oltre confine, ma la nostra credibilità si gioca a livello internazionale. Se siamo credibili a confronto con i più forti centri di ricerca e formazione nel mondo, possiamo esserlo anche in Italia. Solo così saremo davvero motore propulsore di innovazione per il territorio e per le imprese. Che d’altra parte lo sanno bene: la competitività non si gioca più sui mercati locali e nemmeno nazionali, ma nel mondo. Dobbiamo consolidare una nostra riconoscibilità internazionale per essere vero motore di sviluppo e innovazione tecnologica. E il trasferimento di innovazione tecnologica che possiamo determinare, anche a livello internazionale, è una nostra responsabilità. Alle imprese dico: alleiamoci per guardare insieme al mondo. Facciamo un patto di sviluppo: il Politecnico offre capacità di ricerca e innovazione e si mette a disposizione delle aziende per creare le condizioni anche per il loro sviluppo. Condizioni reali, concrete. Il Politecnico non si propone alle imprese come un consulente, ma come un alleato, un compagno di viaggio.

Sempre pensando alle imprese, un aspetto cruciale è il lavoro. Il Politecnico è una fucina di talenti per il sistema produttivo e il territorio: cosa fare per accrescere questa funzione?

Nei prossimi anni tutte le università dovranno confrontarsi con il cosiddetto inverno demografico. Dobbiamo quindi accrescere la nostra capacità attrattiva almeno rispetto agli studenti a livello europeo. Ma per farlo la nostra offerta formativa deve essere fortemente agganciata al contesto produttivo e interpretarne i bisogni: dobbiamo identificare e avviare percorsi formativi calibrati sulle esigenze del territorio e quindi delle imprese. Sono convinto che una didattica generica non risponda più alle necessità di un sistema sociale e produttivo moderno. Anche in questo caso, è necessario cambiare radicalmente paradigma: dobbiamo fare del dialogo con il sistema produttivo uno dei nostri fari più di quanto sia oggi, per una offerta formativa nuova e moderna.

La comunità del Politecnico si rivolge quindi alla comunità del territorio: istituzioni, terzo settore, imprese. Nel suo programma vi sono concetti forti: Politecnico come luogo dove “si innesca un sapere pratico per la società e per i decisori pubblici e privati”; come luogo dove si forma “la nuova classe dirigente”; come ambito dal quale “veicolare il linguaggio della scienza alla comunità non accademica: ai decisori così come a un pubblico vasto…”. Sempre pensando al sistema delle imprese, può farci qualche esempio di come mettere in pratica questi principi?

Io credo che il Politecnico debba diventare capace di comunicare qual è la sua interpretazione di alcuni dei grandi temi che toccano la nostra società oggi e quindi i cittadini ma anche le imprese, i lavoratori. Abbiamo il dovere di spiegare tecnicamente e scientificamente qual è lo stato della ricerca in ambiti come la transizione ecologica, il nucleare, la sicurezza idrogeologica, i gas serra e molto altro ancora. E dobbiamo farlo con chiarezza, in modo comprensibile ed efficace. Il Politecnico deve aiutare a interpretare correttamente i grandi fenomeni in atto in ambito ambientale e nell’economia. Tenendo conto che l’innovazione tecnologica è fondamentale per tutti sia dal punto di vista economico che sociale. Solo così, credo, assolveremo ad uno dei nostri compiti più importanti dando anche un aiuto valido allo sviluppo sociale ed economico della comunità.

Il Politecnico è il luogo in cui le imprese possono trovare soluzioni ai loro problemi e opportunità nuove di sviluppo. Lei concorda con questa definizione?

Certamente: è il traguardo verso il quale tutto il Politecnico deve camminare. Che poi si declina nel grande tema del trasferimento tecnologico. Torno all’idea del patto, dell’alleanza tra Politecnico e sistema produttivo. Noi in questo patto ci crediamo, ci siamo e vogliamo esserci ancora di più.