Il Politecnico di Torino inaugura l’Anno Accademico 2022/2023

Data estesa
17 gennaio 2023

Il Rettore Guido Saracco ha delineato le nuove sfide che le università dovranno affrontare per supportare lo sviluppo territoriale. Gli interventi del Ministro della Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, del Direttore Generale Vincenzo Tedesco e del professor Marino Regini dell’Università di Milano hanno fornito spunti di riflessione e dati da cui partire per costruire il futuro del Paese.

 

Torino attende da tempo una chiave per uscire dalla cantilena ricorrente del “declino inevitabile”, e io credo che questa chiave sia la rigenerazione urbana e territoriale che le università possono generare se sapremo costruire quelle Comunità di Conoscenza e Innovazione alle quali già stiamo lavorando su molteplici direttive, dall’economia circolare, alla mobilità, all’aerospazio, al digitale: luoghi fisici e in rete per promuovere la collaborazione tra Università, Industria, Stato e i corpi intermedi tipici di ciascun territorio (fondazioni bancarie, associazioni datoriali, sindacali, ordini professionali, ecc.) indispensabile per instaurare nel nostro Paese un’economia della conoscenza, oggi unico modello proponibile per rimettere in moto l’ascensore sociale e trovare una nuova via allo sviluppo. Se ci rifacciamo a un modello di un passato che non può tornare siamo di fronte a un declino fisiologico, ma se guardiamo al futuro abbiamo tutto quello che serve, voglia di riscatto e ambizione inclusa. Signor Ministro, ci auguriamo che le nostre Comunità di Conoscenza e Innovazione diventino un modello contagioso anche per suo tramite”.

Così il Rettore Guido Saracco durante l’Inaugurazione dell’Anno Accademico 2022/2023 del Politecnico di Torino di questa mattina ha rivolto al Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, che ha partecipato alla cerimonia, un appello a fare proprio per l’azione di Governo questo modello di sviluppo.

Ma non basta: “Per far ripartire una economia servono, oltre a una società vitale, nuovi portatori di competenze. Oltre a dover necessariamente aumentare il numero dei laureati italiani, di laureate donne e nelle discipline STEM in particolare, se vogliamo intraprendere in modo compiuto la strada di una economia basata sulla conoscenza, dobbiamo avviare politiche che permettano al nostro Paese di continuare a prosperare anche con una popolazione autoctona in declino a causa della denatalità”, continua il Rettore.

“Le Università possono avere qui un ruolo essenziale almeno in almeno tre direzioni: restituire fiducia nel futuro agli Italiani e promuovere, come parte della soluzione, la generazione di nuovi posti di lavoro. Inoltre, potremo contribuire a rendere le nostre imprese più solide, capaci di operare produzioni ad alto valore aggiunto, meglio gestite, capaci di offrire posti di lavoro più stabili e orari/metodi di lavoro più umani; promuovere l’attrazione di studenti stranieri nei nostri atenei, formando persone con le nostre competenze e i nostri valori che possano trovare un lavoro di qualità e un futuro per le loro famiglie da noi, sopperendo al nostro calo demografico; realizzare, infine, azioni di formazione all’estero, insediando sedi universitarie in paesi emergenti per formare in loco professionisti in grado di guidare lo sviluppo delle loro nazioni in una direzione di sostenibilità (l’unica oggi perseguibile per il riscaldamento globale), attrarre nel nostro paese alcuni di quei laureati e concorrere a creare opportunità di produzione delle nostre imprese in quei paesi”.

In questa visione, l’Africa deve essere uno degli obiettivi principali delle politiche formative: “Grazie alla positiva esperienza del Campus in Uzbekistan, il Politecnico di Torino sta già lavorando ad un progetto analogo in Marocco e Kenya. Serve un nuovo “umanesimo globale” delle conoscenze, ben diverso e più rispettoso del colonialismo estrattivo del secolo scorso”.

A questo proposito, il Rettore ha concluso il suo intervento rivolgendosi nuovamente al Ministro Bernini: “La via per fermare i barconi è contribuire a far intraprendere un percorso di crescita sostenibile ai Paesi in difficoltà con azioni credibili e di impatto locale. Ecco un nuovo fondamentale modo di essere una università propulsore della società. Signor Ministro, lavoriamo insieme a questa sfida fondamentale per quelle popolazioni disperate, per il nostro Paese, per diffondere i nostri valori. Siamo un popolo di carità, cultura e creatività, abbiamo tutto quello che serve per vincerla”.

La tematica dell’università vista come propulsore della società è stato il filo conduttore di tutta la cerimonia. Nella sua Lectio Magistralis, incentrata sull’impatto del PNRR sulle università, il professor Marino Regini dell’Università degli Studi di Milano ha approfondito il tema dell’economia basata sulla conoscenza e il ruolo degli atenei per raggiungerla“Il PNRR rappresenta una svolta radicale nel modo in cui in Italia si è tradizionalmente guardato all’università: il Piano la definisce come motore di un nuovo modello di sviluppo economico, basato su un capitale umano altamente qualificato e sulla capacità di innovare a partire dalle nuove conoscenze prodotte dalla ricerca, colmando finalmente le difficoltà del nostro sistema universitario di contribuire a una knowledge-based economy. Sarà però possibile raggiungere questo risultato solo se si supererà una concentrazione esclusiva degli interventi sul lato dell’offerta di formazione e ricerca; sarà invece necessario sostenere la riqualificazione della domanda delle stesse, con l’avvio di un’adeguata politica industriale. In questo processo, dovranno fare la propria parte sia gli Atenei, che il Ministero, con la sua capacità di indirizzo”.

La capacità di un’università di generare impatto sul territorio attraverso i suoi investimenti edilizi è stato invece il tema approfondito dal Direttore Generale del Politecnico Vincenzo Tedesco, che ha ripercorso i più recenti progetti di espansione e riqualificazione dell’ateneo e quelli che saranno avviati nei prossimi mesi, per un piano approvato dal Consiglio di Amministrazione di circa 500 milioni di euro: “Il ripensamento dei luoghi nei quali si svolge la vita della comunità accademica e studentesca ha subito una netta accelerazione a seguito dell’emergenza Covid, con le sfide rappresentate dalla didattica a distanza, dallo smart working e dal fenomeno della rivoluzione digitale. In questo quadro si misura la qualità dei processi anche organizzativi che tende a produrre impatto (piuttosto che output). La nuova sfida è generare valore relazionale, rafforzare il legame, non prescindendo dal corpo, ma integrandolo in forme collaborative nuove, inedite, creative”.

A fare da cornice a una cerimonia fortemente orientata alla fiducia per il prossimo futuro, sono stati esposti nel cortile della sede centrale i prototipi dei Team studenteschi, fiore all’occhiello delle attività formative non convenzionali e basate sull’esperienza, sulla multidisciplinarietà e creatività, vero ponte verso il mondo del lavoro e dimostrazione concreta di quanto l’università possa essere a tutti i livelli un vero ecosistema per l’innovazione.