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08/09/2023
Awards

Dalla corsa in rosa di Just the Woman I am due assegni di ricerca per giovani del Politecnico

Da dieci anni, c’è un giorno in cui Torino si tinge di rosa. In occasione della Giornata Internazionale della Donna, Just The Woman I Am, in breve JTWIA, dà vita a una 5 chilometri da correre e camminare insieme. L’evento è organizzato dal Centro Universitario Sportivo torinese in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino e il Politecnico.

Ma JTWIA è anche molto di più: sostiene la ricerca sul cancro, promuove il benessere, parla di prevenzione primaria, stimola la conoscenza attraverso incontri e seminari gratuiti realizzati in collaborazione con enti e associazioni del territorio.

I fondi di JTWIA raccolti tramite le iscrizioni contribuiscono a dare continuità e forza ai progetti degli Atenei, sostenendo progetti di ricerca e valorizzando i talenti emergenti. Ogni anno, infatti, vengono finanziati due assegni di ricerca per ciascun Ateneo.

Con i fondi dell’edizione 2023, sono state selezionate per il Politecnico le proposte presentate da Alessandra Colombelli, docente del Dipartimento di Ingegneria Gestionale e della Produzione – DIGEP, e Clara Mattu, docente del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale – DIMEAS.

La proposta della professoressa Alessandra Colombelli indaga i meccanismi che determinano e alimentano il divario di genere in ambito STEM in un mondo in cui solo il 41% degli scienziati e degli ingegneri sono donne e, stando al Global Gender Gap Report del 2022 stilato dal World Economic Forum, ci vorranno 132 anni per raggiungere in Italia la piena parità tra uomini e donne. Più di un secolo, quindi, in cui i due generi continueranno a ricevere trattamenti diversi in molti campi della vita.

Il Gender Gap è una macchia d’olio che origina da discriminazioni culturali e bias cognitivi e si estende a un problema molto grave, ovvero la massiccia assenza di dati relativi alle donne, che inficia tutti gli ambiti, provocando imprecisioni, a volte, vitali: dal funzionamento del corpo delle donne, alla violenza di cui sono vittime, ai dati sul lavoro (retribuito e non), al significato delle parole e delle emozioni.

Gli obiettivi della Ricerca sono di esaminare i meccanismi sottostanti al Gender Gap incorporati nella cultura e nelle istituzioni; esplorare come i pregiudizi di genere vengano perpetuati; analizzare il concetto di “gender brain drain” associato all'isolamento e allo stress causati dalla necessità di dimostrare quotidianamente la propria competenza, alla discriminazione di genere e alle molestie, alla sindrome dell'impostore e ai doppi standard sull'aspetto fisico e sul comportamento; indagare nel dettaglio e proporre modelli per ispirare le giovani donne e i network limitati per il supporto e il tutoraggio nei contesti a maggioranza maschile, fattori che svolgono un ruolo significativo nel plasmare il divario di genere nei campi STEM.

Infine, la ricerca si focalizzerà sulle iniziative per favorire la partecipazione delle donne alle biotecnologie STEM a livello nazionale ed europeo, con un focus specifico sul contesto italiano e piemontese.

“Il progetto rientra nelle attività del Gender Research coordination Group (GReG) – afferma la professoressa Colombelliin cui il Team è necessariamente multidisciplinare perché il problema del divario di genere è complesso e va analizzato dalla sociologia all’economia, dalla filosofia all’ingegneria. In questa cornice in cui le competenze e i saperi si fondono, miriamo a sviluppare un ventaglio di interventi per aumentare la rappresentanza e il coinvolgimento delle donne nelle STEM”.

“Soprattutto, – conclude Colombelli questo progetto non solo si proietta nell’ottica di JTWIA, ma tocca le corde profonde della giustizia sociale andando a dare carriera alle donne e ribaltando il paradigma convenzionale: la figura femminile non è più solo la beneficiaria delle ricerche ma è l’attrice primaria, la ricercatrice. La donna non è più solo l’oggetto di studio: è il soggetto. Chi anima e chi fa Ricerca, in tutti i sensi”.

Clara Mattu insegna Bionanotecnologie presso il DIMEAS, la sua Ricerca in ambito Bio-Tech si concentra sullo sviluppo di nuove terapie per il trattamento del glioblastoma multiforme (GBM), il tipo di tumore cerebrale più comune negli adulti ma, al giorno d’oggi, incurabile. Attualmente, la sopravvivenza media per i pazienti con GBM è inferiore al 15% e non ci sono miglioramenti significativi nelle terapie disponibili.

Recenti studi hanno dimostrato la capacità delle cellule della microglia di accumularsi all'interno del tumore cerebrale. Da qui l’intuizione di utilizzarle come trasportatori di farmaci verso questo tumore. Per fare ciò, verranno caricate all’interno delle cellule della microglia delle nanoparticelle (NPs) contenenti un farmaco chiamato Bortezomib (BTZ), che, da studi precedenti su modelli animali, ha mostrato la capacità di estendere significativamente la sopravvivenza.

La prima fase è rappresentata dalla preparazione e caratterizzazione delle nanoparticelle contenenti BTZ caricate nelle cellule della microglia: le nanoparticelle avranno una struttura a due compartimenti, con il farmaco nel nucleo e uno strato esterno per migliorare la compatibilità con le cellule.

In secondo luogo, ci sarà lo sviluppo di un modello in vitro del glioblastoma che includa un sistema vascolare artificiale: questo modello sarà utilizzato per testare il trasporto delle nanoparticelle mediato dalle cellule della microglia.

Infine, si dovrà testare l'efficacia del trattamento sul modello tumorale in vitro. Verranno valutati diversi parametri, tra cui la vitalità delle cellule e l'espressione di specifici marcatori cellulari o.

Questo sistema di trasporto potrebbe rappresentare una nuova strategia terapeutica per combattere la forma di cancro cerebrale altamente letale e aggressiva.

“Si tratta di una ricerca – afferma la professoressa Mattu – che ha l’obiettivo di testare un metodo alternativo di trasporto di farmaco e di progettare sistemi alternativi ai test effettuati sugli animali. Il tumore indagato è il glioblastoma multiforme, uno dei tumori più complessi da comprendere e da trattare, perché altamente eterogeneo ed infiltrante, pertanto difficile da rimuovere chirurgicamente. Ma soprattutto, i trattamenti farmacologici testati finora non sempre riescono a raggiungere il sito tumorale in modo efficace e, quindi, non danno esiti positivi. Abbiamo deciso quindi di sfruttare la capacità delle cellule della microglia di accumularsi all’interno del tumore.. Queste cellule faranno da sistemi di trasporto delle nanoparticelle contenenti il farmaco. In parallelo, produrremo nuove piattaforme atte a riprodurre in vitro il microambiente e tutta la complessità del glioblastoma, da utilizzarsi per lo screening di farmaci in alternativa agli esperimenti in vivo sugli animali, ed è importante anche per un discorso etico”.